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Vaccinazioni in gravidanza: streptococco B, influenza e virus respiratorio sinciziale. Le novità dal Congresso ESCMID di Bilbao

Al Congresso ESCMID, organizzato dalla Prof.ssa Susanna Esposito – Professore Ordinario di Pediatria all’Università degli Studi di Parma e Coordinatore del Gruppo di Studio sui Vaccini della Società Europea di Microbiologia Clinica e Malattie Infettive (ESCMID), sono state presentate le più recenti novità in ambito immunologico.


Bilbao (Spagna), 9 Settembre 2019

Nel mondo oltre 100.000 aborti e decessi di neonati potrebbero essere evitati grazie ad un vaccino contro un’infezione spesso frequente nelle donne in gravidanza: lo streptococco di gruppo B, un batterio di cui sono portatrici oltre 20 milioni di future mamme nel mondo. È quanto emerso in occasione del Congresso ESCMID che ha visto recentemente riuniti a Bilbao oltre 200 esperti di immunologia e infettivologia provenienti da tutto il mondo.

Il Congresso, organizzato dalla Professoressa Susanna Esposito – Professore Ordinario di Pediatria all’Università degli Studi di Parma e Coordinatore del Gruppo di Studio sui Vaccini della Società Europea di Microbiologia Clinica e Malattie Infettive (ESCMID) – è stata l’occasione per presentare le più recenti novità in ambito immunologico e scattare una fotografia dello stato attuale delle vaccinazioni nel mondo.

Parto prematuro e asfissia alla nascita sono spesso associati allo Streptococco di gruppo B, mentre i neonati nati da madri con questa infezione possono andare incontro a sepsi, polmonite, meningite. Inoltre, se contratta durante la gravidanza, l’infezione da Streptococco di gruppo B può causare infezioni del sangue (sepsi inclusa), delle vie urinarie e, nei casi più gravi, decesso del feto. Sebbene la profilassi antibiotica intrapartum abbia dimostrato di essere significativamente efficace, questa misura non può essere considerata la migliore soluzione per prevenire l’infezione da Streptococco B infantile. La profilassi riduce l’incidenza della malattia ad esordio precoce, ma ha un impatto scarso o nullo sulla malattia ad esordio tardivo. Questa situazione spiega il tentativo di sviluppare e utilizzare i vaccini contro lo Streptococco B nelle donne in gravidanza, attualmente in corso.

La ricerca scientifica continua a compiere enormi passi avanti nell’ambito delle malattie infettive, laddove purtroppo il bisogno clinico è ancora elevato – ha commentato la Professoressa Susanna Esposito -. La prevenzione di alcune patologie, causate da agenti virali o batterici, passa necessariamente attraverso le vaccinazioni, ancora di più nel caso delle donne gravide. Nel momento in cui la donna gestante si vaccina, non solo protegge se stessa in un momento di particolare vulnerabilità ma, allo stesso tempo, garantisce l’immunità al nascituro, grazie al passaggio degli anticorpi specifici per via transplacentare.

Il Congresso è stata inoltre l’occasione per presentare lo stato dell’arte delle vaccinazioni raccomandate in gravidanza come pertosse e influenza.

Purtroppo l’immunizzazione materna contro l’influenza e la pertosse non è stata ampiamente accettata sia dagli operatori sanitari che dal pubblico, comprese le donne in gravidanza. Negli Stati Uniti, i vaccini contro l’influenza e la pertosse sono stati raccomandati a tutte le donne gravidanza rispettivamente dal 2004 e 2012. Tuttavia, durante la stagione influenzale 2017-2018, solo il 49,1% delle donne in gravidanza ha ricevuto il vaccino influenzale prima dell’inizio della stagione influenzale (ottobre-dicembre). Nello stesso periodo, la copertura contro la pertosse tra le donne in gravidanza è stata solo leggermente superiore (54,4%). Infine, la vaccinazione completa (ovvero la ricezione di entrambi i vaccini) è stata limitata al solo 32,8% dei casi.

Nel Regno Unito, dove il vaccino contro la pertosse è stato offerto alle donne in gravidanza a partire dal 2012, la copertura nel periodo da aprile a giugno 2018 è stata solo parzialmente soddisfacente, con una media del 68,2%.

In Europa, sebbene il 90% dei Paesi abbia ricevuto raccomandazioni sui vaccini contro l’influenza per le donne in gravidanza, in generale la copertura contro l’influenza è stata bassa nel 2014-2015, con la metà dei Paesi che ha dichiarato una copertura inferiore al 10% ad eccezione di Inghilterra e Galles che hanno riportato una copertura vaccinale di circa 50%.

Di seguito vengono riportate le ragioni per cui sono raccomandate le vaccinazioni contro l’influenza e la pertosse in gravidanza.

 

Vaccino contro l’influenza

L’influenza contratta in gravidanza può comportare complicazioni respiratorie con conseguente ricovero in ospedale e, nei casi più gravi, può provocare il decesso delle donne gravide, specialmente durante il secondo e terzo trimestre della gravidanza e il primo mese dopo il parto.

Il vaccino può essere somministrato in qualsiasi trimestre di gravidanza e permette di proteggere i neonati e i lattanti nei primi 6 mesi di vita. Diversi studi hanno dimostrato che gli anticorpi contro l’emoagglutinina dell’influenza possono essere trovati nei neonati nati da madri a cui è stato somministrato un vaccino influenzale, suggerendo un efficace trasferimento transplacentare di anticorpi specifici. Numerosi studi hanno evidenziato che i neonati e i lattanti al di sotto dei 6 mesi sono la categoria più a rischio di gravi complicanze respiratorie e neurologiche e la vaccinazione materna è l’unica modalità di prevenzione.

Tra le altre novità presentate a Bilbao, Pasi Penttinen, Direttore dello European Center for Disease Control and Prevention (ECDC), ha mostrato come le nuove raccomandazioni di USA e Canada raccomandino anche per i soggetti di età compresa tra 6 mesi e 3 anni la somministrazione della dose intera di vaccino influenzale. La Prof.ssa Esposito aggiunge: “Tra il 2007 e il 2013 il mio gruppo ha lavorato tantissimo sulla problematica della ridotta immunogenicità ed efficacia dei vaccini influenzali nei bambini dei primi anni di vita. Già nel 2010 in una nostra pubblicazione uscita sulla rivista Vaccini avevamo suggerito di somministrare anche tra i 6 mesi e i 3 anni la dose di 0,50 mL di vaccino in quanto avevamo osservato che 0,25 mL di vaccino non potevano permettere una immunogenicità ottimale in una fascia di età in cui la risposta immunitaria è ridotta, senza che l’aumento della dose incrementasse gli effetti collaterali. Mi inorgoglisce sapere che i risultati delle proprie ricerche, a cui hanno preso parte centinaia di bambini e di genitori, cambino le linee guida esistenti”.

 

Vaccino contro la pertosse

La pertosse, prima dell’età di 6 mesi del neonato, si può manifestare con difficoltà respiratorie talvolta gravi che possono provocare un arresto respiratorio: ancora oggi, nel mondo, 1 neonato su 1.000 muore di pertosse. I vaccini contro la pertosse sono combinati con quelli contro la difterite e il tetano. Sebbene possa essere somministrato durante tutto il periodo della gravidanza, per una più efficace protezione del neonato da parte degli anticorpi materni, il momento ideale per questo vaccino è la somministrazione tra la 27° e la 36° settimana di gestazione.

È stato più volte dimostrato che le più gravi manifestazioni cliniche e i decessi per pertosse si verificano principalmente nei primi due mesi di vita. Purtroppo, i programmi raccomandati di somministrazione del vaccino contro la pertosse non sono efficaci nel proteggere il bambino durante questo periodo ad alto rischio, anche quando viene utilizzato il programma accelerato che inizia a 6 settimane di età. La vaccinazione in gravidanza, dunque, rappresenta l’unico strumento per proteggere il bambino.

 

Vaccino contro il Virus Respiratorio Sinciziale

Al centro del meeting internazionale anche il Virus Respiratorio Sinciziale (VRS), causa di gravi infezioni del tratto respiratorio inferiore nei bambini più piccoli e associato allo sviluppo dell’asma bronchiale in età scolare. Al momento non sono disponibili farmaci antivirali efficaci contro il VRS. Poiché i neonati prematuri e i neonati con patologie cardiache o polmonari croniche gravi sottostanti sono ad alto rischio di infezione da VRS, generalmente viene somministrato loro un anticorpo monoclonale per prevenire problemi correlati al VRS. Tuttavia, questa misura preventiva si rivela efficace solo nel 50% dei casi.

Purtroppo, poiché la maggior parte dei casi di grave infezione da VRS si verifica nei primi tre mesi di vita, è improbabile che l’immunizzazione infantile possa fornire un’adeguata opportunità di intervento. Pertanto, l’immunizzazione materna è stata considerata l’unica soluzione per la prevenzione della malattia da VRS nei neonati e nei lattanti di età inferiore ai 6 mesi.

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