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Trombosi venosa: sintomi e cure

La flebite è detta anche “sindrome da classe economica” perché interessa soprattutto le persone che, per qualche motivo, stanno a lungo sedute. E stare seduti in “business class”, in aereo, avendo a disposizione maggior spazio per distendere le gambe, in teoria, non dovrebbe comportare il problema. Il termine si usava, anche, per indicare la trombosi venosa profonda delle braccia o delle gambe. Adesso è preferibile definire la patologia, semplicemente, trombosi venosa. Vediamo di cosa si tratta nello specifico.

di Melania Sorbera

La trombosi venosa è dovuta alla formazione di un coagulo di sangue all’interno del sistema venoso. Un processo fisiologico che si realizza ogni volta in cui il corpo ha la necessità di fermare un’emorragia. Ci sono però delle situazioni in cui il coagulo non si scioglie naturalmente, come avviene nella maggior parte dei casi, e provoca ostruzione al ritorno del sangue dalle vene verso il cuore. Vi sono, anche, casi in cui il coagulo di sangue si rompe e i piccoli frammenti arrivano al cuore, sono spinti nelle arterie dei polmoni provocando la cosiddetta embolia polmonare. Vi sono casi in cui, se la trombosi non viene adeguatamente trattata ed il trombo non si dissolve, si va incontro alla cosiddetta sindrome post-trombotica. Una complicanza caratterizzata da sintomi e disturbi che si manifestano con edema, dolore e alterazioni dei tessuti.

I fattori di rischio della trombosi venosa, sono diversi e occorre tenerne conto per evitare danni peggiori all’organismo. I maggiori sono: l’età superiore ai 40 anni, la gravidanza, la presenza di un tumore o l’aver avuto un tumore in passato; disordini ematici, malattie ereditarie che coinvolgono i processi coagulativi; scompenso cardiaco, diabete mellito, familiarità, obesità, presenza di vene varicose, fumo, infarto del miocardio, chirurgia o lesioni recenti degli arti inferiori o dell’addome, terapia ormonale estrogenica, compresa la contraccezione orale, presenza di traumi agli arti inferiori. Oltre alla tendenza del sangue a ristagnare quando il nostro corpo resta fermo per lungo tempo, conclamata come causa generica, la causa principale della trombosi profonda è l’infiammazione.

Tutte le malattie infiammatorie croniche o acute, anche le polmoniti per esempio, infatti determinano una tendenza del sangue a coagulare di più. Alcuni esami utili per diagnosticare la patologia, che non risulta per niente facile da identificare, sono le analisi del sangue con la ricerca dell’antitrombina; del tempo di protrombina INR; del tempo di tromboplastina; della la proteina C attivata; il test del D-Dimero. Per la cura, invece, si utilizzano da sempre gli anticoagulanti.

Per circa 70 anni abbiamo avuto a disposizione un solo principio attivo molto efficace ma complicato da gestire, il Warfarin o l’eparina. Negli ultimi anni sono stati resi disponibili nuovi farmaci, chiamati nuovi anticoagulanti diretti (NAO o DOAC) che rappresentano una vera e propria rivoluzione nel campo della terapia e della prevenzione della trombosi, sia venosa che arteriosa, perché agiscono direttamente sui fattori della coagulazione: la trombina (o fattore II) oppure il fattore Xa. Non richiedono alcun monitoraggio, se non controlli ematici periodici, a volte anche solo annuali.

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