Home » Trasfusione di sangue a 1.000 metri sottoterra salva lo speleologo Mark Dickey
Dalla Sicilia pronti a partire per contribuire al salvataggio di Mark Dickey, lo speleologo bloccato nella grotta Morca, in Turchia, per una emorragia gastrointestinale, a più di 1000 metri di profondità.

Era il 3 settembre quando una richiesta di soccorso proveniente dalle montagne del Tauro, nel sud della Turchia, raggiunse l’European Cave Rescue Association e si espanse a cascata arrivando a tutti i tecnici di soccorso speleologico di tutta Italia, Europa e non solo.

Dalla Sicilia pronti a partire per contribuire al salvataggio di Mark Dickey bloccato nella grotta Morca, in Turchia, per una emorragia gastrointestinale a più di 1000 metri di profondità c’erano vari tecnici tra i quali Giuseppe Conti e Sara Virgillito.

Dalle loro voci sentiremo il racconto di quella lunga giornata durata 170 ore! Il momento di incontro è stato organizzato dal Club Alpino Italiano, sezione di Pedara, in collaborazione con il Soccorso Alpino e Speleologico Siciliano.

 

LA STORIA

Nove giorni dopo la richiesta di soccorso, lo speleologo americano Mark Dickey, che era stato vittima di un grave malore a oltre 1.000 metri di profondità in una grotta in Turchia, è stato riportato in superficie. I soccorritori esperti coinvolti nell’impresa l’hanno definita una delle missioni di soccorso speleologico più difficili e complesse mai realizzate.

Dickey è stato vittima di un’improvvisa emorragia gastrointestinale e le sue condizioni sono apparse subito gravi. Una squadra internazionale di 200 soccorritori – volontari provenienti da nove Paesi diversi – ha impiegato otto giorni per portare a termine l’intera missione. Il trasporto di Dickey fino alla superficie, la parte più complessa del salvataggio, è stato eseguito da 90 persone e ha richiesto poco più di due giorni.

Tutte le persone coinvolte si sono impegnate al massimo, continuando a lavorare oltre il proprio limite di stanchezza. Questi sono tra i più esperti e qualificati speleologi e soccorritori del mondo, e ognuno di loro ha dato il massimo”, ha affermato Giuseppe Conti, speleologo e soccorritore esperto del Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico italiano, che ha gestito la logistica dei soccorsi all’interno della grotta.

È stato mentre si trovava a più di 1.000 metri di profondità in una di queste grotte che Dickey è stato vittima di un’emorragia interna.

Allertati dalla fidanzata e compagna di spedizione Jessica Van Ord, i primi soccorritori sono arrivati sul posto il 3 settembre, e un’équipe medica di quattro persone dell’Hungarian Cave Rescue Service (servizio di soccorso speleologico ungherese) ha iniziato immediatamente una discesa di sette ore per raggiungere Dickey. Non potendo comunicare direttamente con lo speleologo infortunato, la squadra di soccorso temeva di non riuscire a raggiungerlo in tempo.

Al momento del loro arrivo, Dickey aveva perso già molto sangue, come era chiaro da un piccolo avvallamento nel terreno che ne era stato riempito. Zádor ha somministrato dei farmaci per abbassare l’acidità nello stomaco e fermare l’emorragia. Nonostante si trovassero a mille metri di profondità in una grotta buia e fredda, circondati da fango e polvere, Zádor e la sua squadra sono riusciti a effettuare una trasfusione di sangue e hanno somministrato a Dickey quattro unità di sangue e plasma, riscaldando le sacche di sangue con un fornello da campeggio.

Per la maggior parte delle operazioni di recupero, Dickey è stato trasportato su una barella: un’impresa resa pericolosa e impegnativa dagli stretti passaggi che caratterizzano la grotta.

Nel frattempo, 1.000 metri più sopra, l’Autorità turca per la gestione dei disastri e delle emergenze (AFAD) ha dato il via all’operazione, conferendo ufficialmente all’ECRA il ruolo di coordinamento delle squadre di soccorso internazionali. Gli speleologi di Turchia, Italia, Croazia, Bulgaria e Polonia hanno raggiunto il punto di ingresso della grotta e hanno iniziato a predisporre il trasporto di Dickey. Poco dopo si sono uniti altri soccorritori provenienti da Ucraina, Stati Uniti e Romania.

Gli esperti hanno dotato la grotta di due diversi sistemi di comunicazione: un cavo telefonico e un ulteriore sistema di comunicazione wireless in grado di trasmettere brevi messaggi attraverso centinaia di metri di roccia, chiamato “cave-link”. I soccorritori bulgari hanno allargato i passaggi più tortuosi presenti tra i 580 e i 730 metri di profondità, attraverso piccole esplosioni localizzate in alcune sezioni, e manualmente con scalpelli e martelli in altre. Altri soccorritori hanno lavorato per ore attrezzando la grotta con ancoraggi e corde.

Ci vollero 12 giorni e più di 700 persone per riportarlo in superficie da una profondità di 1.000 metri: fu la più grande missione di salvataggio speleologico mai organizzata e la prima che riunì soccorritori di cinque Paesi diversi.

La squadra che ha impiegato più di 20 ore per trasportare Dickey fino a 670 metri ha dovuto scendere a oltre 970 metri per trovare un posto dove poter dormire. Dopo qualche ora di riposo sono risaliti a circa 490 metri per lavorare alla sezione successiva”, spiega Rakovac.

E la missione non è stata priva di inconvenienti: a metà del trasporto, le condizioni di Dickey sono peggiorate, mettendo in allarme il team medico. In quegli stretti passaggi della grotta un’altra trasfusione di sangue non sarebbe stata possibile. E poi, in un tratto verticale a circa 670 metri di profondità, un grosso pezzo di roccia si è staccato, schiacciando la caviglia di un soccorritore bulgaro che per un pelo non è stato ferito in modo grave.

I passaggi più stretti, pur non essendo particolarmente difficili per uno speleologo in forma, hanno rappresentato il problema maggiore durante il trasporto di soccorso.

Ci sarebbe voluto troppo tempo per allargare fisicamente i passaggi più problematici, afferma Conti. Dopo aver consultato un medico, si è deciso di far percorrere a Dickey i passaggi più difficili da solo”.

Una volta riportato in superficie, Dickey è stato elitrasportato al vicino Mersin City Hospital per ricevere le necessarie cure mediche. In una dichiarazione ad ABC News, Dickey ha espresso gratitudine e sollievo: “La comunità degli speleologi è come una famiglia, non mi hanno mai lasciato solo. Da quando l’operazione è partita, tutto è andato molto più velocemente di quanto mi aspettavo”.

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