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SIOT: si è chiuso a Roma il 104° Congresso Nazionale della Società Italiana di Ortopedia e Traumatologia

Si è chiuso a Roma il 104° Congresso Nazionale della Società Italiana di Ortopedia e Traumatologia (SIOT). Oncologia, protesi e infezioni al centro dei lavori.

Appuntamento al 2020 per il 105° Congresso Nazionale che si svolgerà nella stessa location per dare un segno di continuità al percorso intrapreso con il nuovo format.


Roma, 11 Novembre 2019

Si è chiuso a Roma il 104° Congresso Nazionale della Società Italiana di Ortopedia e Traumatologia (SIOT). Una quattro giorni di lavori che ha riunito nella Capitale l’eccellenza dell’ortopedia italiana. Sotto la guida dei Presidenti Pietro Ruggieri Claudio Zorzi e dei vice Presidenti Araldo Causero, Bruno Magnan e Alberto Momoli, gli ortopedici si sono confrontati su numerose ed interessanti tematiche.

Un congresso dai numeri impressionanti: 2.689 i partecipanti, con 1.372 iscritti; 453 i relatori, 213 i moderatori, 224 le ore formative, 139 le sessioni scientifiche. In merito ai lavori presentati, sono stati 562 gli abstract e 707 le relazioni.

Siamo molto soddisfatti dei risultati di questo Congresso – dichiara il Professor Francesco Falez, Presidente della Società Italiana di Ortopedia e Traumatologia -. La numerosità delle sessioni, dei partecipanti e dei lavori condivisi dimostrano la grande vitalità dell’ortopedia in Italia, pronta a rispondere alle sfide delle innovazioni tecnologiche del prossimo futuro che stanno rivoluzionando la nostra disciplina, a beneficio di una migliore qualità di vita dei pazienti”.

Nel corso del congresso capitolino l’Assemblea dei soci ha approvato la polizza assicurativa ‘SIOT SAFE’, il primo sistema di protezione collettivo per gli ortopedici realizzato con Aon e Generali Italia. “Questa decisione rappresenta un momento di svolta per la nostra Società – aggiunge il Professor Falez -.  Per la prima volta, infatti, noi ortopedici avremo a disposizione un programma di tutela assicurativa che ci garantisce al massimo nei confronti delle compagnie assicurative e nelle richieste risarcitorie ed inoltre è uno sguardo al futuro per i nostri giovani”.

Gli ortopedici della SIOT si riuniranno nuovamente a Roma, dal 5 all’8 novembre 2020, per la 105esima edizione del proprio Congresso Nazionale che confermerà e amplierà il format adottato quest’anno per un confronto a 360° su tutti i temi legati all’ortopedia e la traumatologia. Inoltre, sarà dato ampio spazio all’interattività con i colleghi più giovani ed a tematiche di confronto con specialità affini, tra le quali la reumatologia e la fisiatria.

 

Tra le principali tematiche del Congresso di Roma si è discusso di oncologia, protesi e infezioni.

Due le sessioni di Chirurgia oncologica e trattamenti innovativi delle metastasi ossee, mentre una è stata dedicata al tema ‘3D printed implant in revision surgery’. Moderatore: Pietro Ruggieri, Presidente del Congresso.

Nell’ambito del tema oncologico – uno dei due temi preminenti del Congresso SIOT di quest’anno – gli aspetti più interessanti sono stati rappresentati dalle presentazioni di Simposi con Società Oncologiche Internazionali. In particolare: uno con ISOLS (International Society of Limb Salvage – https://isols.com), dedicato alle più moderne tecniche di ricostruzione in oncologia muscoloscheletrica; uno con EMSOS (European Musculo-Skeletal Oncology Society – https://emsos.org/), dedicato ai progressi nel trattamento, che comprendono anche aspetti chirurgici. Più in generale, per quanto attiene al tema oncologico, i concetti e gli aspetti più moderni affrontati in ambito congressuale hanno riguardato le nuove tecniche ricostruttive con 3D Printing costruiti su misura; il ruolo e l’importanza dell’ortoplastica (assidua collaborazione fra chirurgo plastico e chirurgo ortopedico) e dell’utilizzo dei diversi possibili lembi nel trattamento dei tumori muscoloscheletrici; le novità nel trattamento delle metastasi scheletriche, con particolare riferimento al nuovo concetto di oligometastasi, per le quali una terapia combinata ed una chirurgia più aggressiva possono offrire prospettive di guarigione o di prognosi molto migliore con lunghe sopravvivenze.

 

Durante i lavori congressuali ampio spazio è stato inoltre dato alle protesi. Moderatore: Araldo Causero, Vice Presidente del Congresso.

PROTESI DI PRIMO IMPIANTO DI GINOCCHIO: POSSIAMO MIGLIORARE I NOSTRI RISULTATI?

Nonostante gli sforzi della ricerca e lo sviluppo di nuove tecnologie, è noto che fino al 20% dei pazienti sottoposti ad impianto di protesi di ginocchio non sia soddisfatto del risultato. Gli esperti hanno pertanto cercato di analizzare durante la sessione quali possano essere i fattori chiave per migliorare i risultati di questa chirurgia. Uno degli obiettivi della protesizzazione di ginocchio è quello di cercare di ottenere una cinematica articolare che riproduca quella del ginocchio nativo: è stato questo il cardine comune con cui si è aperta la sessione e dal quale si sono sviluppate le relazioni successive.

Nella sessione sono infatti trattati i differenti approcci in termini di allineamento (meccanico vs cinematico), di bilanciamento dei tessuti molli (gap balancing vs resezioni misurate) e di grado di vincolo; ampio spazio è stato lasciato alla trattazione di strumenti più o meno recenti (ad esempio la navigazione o la chirurgia robotica) che rappresentano validi strumenti di verifica per il chirurgo senza però tralasciare i “tips and tricks” degli esperti. La sessione ha infine trattato aspetti di stretta attualità e correlati alla gestione post operatoria del paziente come il fast track.

 

Nel corso del Congresso SIOT le infezioni hanno avuto un ruolo di primo piano. Moderatore: Araldo Causero, Vice Presidente del Congresso.

FOCUS ON…INFEZIONI

Le infezioni periprotesiche sono la complicanza più temibile della chirurgia protesica. Nella sessione sono stati analizzati gli aspetti più importanti di questa problematica in termini di diagnosi, trattamento e nuove tecnologie e sono stati coinvolti i maggiori esperti nazionali e internazionali in questo campo. Il programma è stato diviso in 4 sessioni ed in ognuna sono state affidate le relazioni a figure professionali diverse come l’ortopedico, l’infettivologo e il microbiologo ma che in questo campo sono complementari e necessarie per la corretta gestione del paziente.

La prima sessione è stata dedicata alla diagnosi e al ruolo che ha il biofilm nel rendere difficile sia la diagnosi sia il trattamento di questa complicanza della chirurgia protesica. La seconda sessione, invece, al trattamento e in particolare a due questioni molto dibattute in letteratura: la scelta tra la revisione in uno o due tempi chirurgici e la scelta sull’utilizzo del cemento antibiotato o meno. Le ultime due sessioni sono invece state dedicate alla prevenzione e allo sviluppo di nuove terapie antibiotiche o di carrier locali.

 

Tra le grandi novità dibattute dagli ortopedici la chirurgia della caviglia e del piede e l’instabilità cronica nella protesi di caviglia. Moderatore: Bruno Magnan, Vice Presidente del Congresso

CHIRURGIA CAVIGLIA E PIEDE – APPROFONDIMENTI IN MEDICINA RIGENERATIVA

Come in tutta la chirurgia ortopedica e traumatologica oggi si discute molto di medicina rigenerativa nelle lesioni delle cartilagini, sia nei giovani atleti (lesioni di tipo osteocondrale), che in persone più adulte (artrosi precoce). La rigenerazione cartilaginea è un argomento di cui si parla ormai da almeno 20 anni e sono numerosi i tentativi di ingegneria tissutale per cercare di riprodurre il tessuto cartilagineo venuto a mancare nella cartilagine articolare delle articolazioni: dalla caviglia al ginocchio, fino all’anca si cerca infatti di riprodurlo in laboratorio. Questo almeno fino a cinque anni fa. Adesso invece gli ortopedici possono fare affidamento su nuove tecnologie che utilizzano le cosiddette ‘cellule mesenchimali’, che possono essere prelevate dal midollo osseo del soggetto stesso o dal tessuto adiposo e poi, una volta concentrate, possono essere rimesse in un ambiente che con adeguati stimoli di tipo biochimico può indurle a rigenerare il tessuto ed aiutare la guarigione di lesioni. Si tratta prevalentemente di cartilagine ma in alcuni casi (nella spalla) anche di tessuto tendineo.

 

IL TRATTAMENTO DELL’INSTABILITÀ CRONICA NELLA CHIRURGIA PROTESICA DELLA CAVIGLIA

Si tratta di un argomento super specialistico, che comprende le lesioni legamentose degli sportivi fino a tutti i tipi di instabilità in cui sia necessario riparare dei legamenti. L’instabilità legamentosa va ricercata in una protesi di caviglia montata male e che poi risulta instabile. Le cause sono molteplici: non è stata posizionata in maniera corretta o perché si è verificata una degenerazione articolare e non è stata ricostruita adeguatamente durante l’intervento di protesi di caviglia. Altra causa va ricercata in quanti soffrono di artrite reumatoide, pazienti in cui i legamenti, per cause della malattia, possono spesso degenerare nel tempo per poi cedere. L’artrite reumatoide è dunque una delle indicazioni più frequenti di protesizzazione di caviglia: a distanza di cinque-dieci anni questa protesi può diventare instabile. In presenza di questi casi gli ortopedici devono eseguire procedure chirurgiche di ricostruzione del legamento su una protesi di caviglia. Inoltre molte volte tale instabilità non è semplicemente dovuta ad un legamento ma la causa può essere ricondotta al fatto che la protesi è stata impiantata non perfettamente in asse o in modo non corretto. Per poterne garantire nuovamente la stabilità vi sono però degli accorgimenti o delle riprese chirurgiche di protesi di caviglia.  

 

Cosa succede quando una persona affetta da malattia rara ha bisogno di una protesi? Se ne è discusso nel corso del simposio “LE PROTESI IN SITUAZIONI DIFFICILI”. Moderatore: Alberto Momoli, Vice Presidente del Congresso.

Nel paziente giovane affetto da emofila, una delle più frequenti tra le malattie rare, i principali problemi si riscontrano nel ginocchio, nella caviglia e nel gomito, dove un emartro può provocare una grave degenerazione articolare, con conseguente severa ripercussione sulla qualità della vita. Nelle prima fasi dell’artropatia le possibilità terapeutiche possono essere di tipo fisioterapico o infiltrativo, mentre negli stadi più avanzati si ricorre alla chirurgia protesica. Nelle protesi di ginocchio e dell’anca, i moderni sistemi protesici con materiali a minor tasso di usura hanno migliorato sensibilmente la qualità di vita della persona con emofilia, con ottimi tassi di sopravvivenza nei follow-up a lungo termine; nella caviglia e nel gomito, invece, la protesi primaria non raggiunge ancora i risultati ottenuti nel ginocchio e nell’anca. La chirurgia protesica nell’emofilia è un intervento ormai considerato di routine nei pochi centri dedicati alla gestione dei pazienti: i clinici riescono ad ottenere ottimi e duraturi risultati a fronte di complicanze ridotte, sebbene più elevate in frequenza rispetto alla chirurgia ortopedica nei soggetti senza difetti della coagulazione. È però fondamentale la prevenzione delle complicanze emorragiche attraverso il trattamento ematologico instaurato precocemente ed il ricorso a procedure conservative atte a rallentare l’evoluzione delle alterazioni articolari tipiche della patologia rara.

 

GLI ESITI DELLE FRATTURE

Nella chirurgia ortopedica l’intervento di sostituzione protesica dell’anca rappresenta una delle procedure più comuni e di successo. Nonostante dal 1960 si registri un ampio progresso nelle tecniche chirurgiche, le condizioni post-traumatiche potrebbero richiedere un intervento chirurgico particolarmente impegnativo ed aumentare l’incidenza di complicanze. La mancata guarigione delle fratture e la necrosi avascolare della testa del femore a seguito di fratture del collo del femore possono causare una condizione di scarso bone stock, compromettendo la fissazione stabile e l’integrazione degli impianti convenzionali. Il chirurgo può però fare affidamento sull’evoluzione del design e dei materiali e può contare su una fissazione migliore e, dunque, su una maggiore durata degli impianti. Secondo gli esperti, la corretta indicazione del trattamento della frattura iniziale condiziona notevolmente l’incidenza di complicanze e dunque la necessità di un nuovo intervento.

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