Dinanzi al fronte clinico dell’epidemia che avanza, l’appello deciso degli infettivologi traccia la strada da seguire per fronteggiare l’emergenza: occorrono più punti di accesso, la fornitura di un kit a disposizione a domicilio, l’attivazione di servizi territoriali e sociali
9 Marzo 2020
La situazione in corso è quella di un’epidemia incontrollata su gran parte del territorio italiano. Per questo gli infettivologi della SIMIT sottolineano le misure di salute pubblica con le maggiori probabilità di successo che vanno adottate tempestivamente, invitando le istituzioni e la popolazione ad attenersi alle indicazioni della comunità scientifica.
“Bisogna necessariamente procedere con la diagnosi precoce e l’isolamento a domicilio di tutti gli infetti che non hanno bisogno di ospedalizzazione. Questo isolamento deve avvenire in condizioni di sicurezza per il paziente e i familiari – afferma Marcello Tavio, Presidente SIMIT, Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali. – Per raggiungere questo obiettivo è indispensabile che il SSN/SSR moltiplichi i punti di accesso al tampone (al momento assolutamente insufficienti), che i cittadini vi abbiano libero accesso h24 e che il risultato venga fornito in poche ore; questo programma, con un investimento relativamente oneroso rispetto ai benefici che si possono ottenere, è già ora fattibile. Il programma di diagnosi precoce e isolamento a domicilio dei casi lievi-moderati agirebbe infatti sul fronte visibile di avanzamento dell’epidemia, che è chiaramente rappresentato dalla trasmissione diretta da persona malata a persona sana. Resterebbero escluse le persone infette asintomatiche, che sono una minoranza e rappresentano una modalità di diffusione dell’epidemia di COVID-19 meno efficiente rispetto a quella che passa per i sintomatici. Per assicurare ai pazienti con COVID-19 lieve-moderata isolati a domicilio le necessarie condizioni di sicurezza si deve prevedere la consegna immediata al momento della diagnosi di un kit di dispositivi di protezione per paziente e familiari, l’attivazione di una reperibilità telefonica dedicata h24, e l’allerta dei MMG e dei competenti servizi territoriali e sociali”.
“Per tentare di bloccare l’epidemia bisogna fare diagnosi precoci negli ospedali, perché gli ospedali sono il detonatore dell’epidemia – ammonisce il Prof. Massimo Andreoni, Direttore Scientifico SIMIT. – Quando in un ospedale entra un paziente malato trova pazienti fragili. Non è come quando nell’ambiente esterno incontra persone sane, su cui non è sicuro che si svilupperà la malattia. Negli ospedali tutti si ammaleranno e ognuno di questi pazienti diventerà una piccola bomba biologica. Per questo bisogna assolutamente fare la diagnosi precoce, per la quale si deve creare nella regione una rete di ospedali che possano fare un test a tutte le persone che abbiano una sintomatologia respiratoria. Questo è ciò che abbiamo appreso fino ad adesso. Se non si procedesse così, si verificherà un continuo inseguimento a posti in terapia intensiva e di reparto. Se non si fanno queste diagnosi precoci, si commette un grave errore”.
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