Identificare i pazienti che possono avere i requisiti per fare ricorso alla terapia con anticorpi monoclonali è cruciale per rendere efficiente la lotta contro il virus. La Medicina Generale gioca un ruolo determinante nel riconoscere e segnalare tempestivamente questi soggetti e avviarli con procedure fast-track presso i centri di riferimento.
16 dicembre 2021
Tre società scientifiche assieme per obiettivi comuni: sensibilizzare i medici delle diverse specialità, creare un protocollo condiviso e porre la pietra miliare per un’alleanza tra medico di comunità e centri specialistici, volta a favorire un trattamento tempestivo e maggiormente efficace del Covid19. Lo strumento per perseguire questi scopi è il Documento di consenso “SARS-COV-2: diagnosi precoce e migliore accesso alle cure per i pazienti fragili. La necessità di una coalizione tra medicina di territorio e centri specialistici” redatto e sottoscritto da SIMIT – Società Italiana di malattie Infettive e Tropicali, SIMG – Società Italiana di Medicina Generale e delle Cure Primarie, SIFO – Società Italiana di Farmacia Ospedaliera e con il contributo dell’On. Ianaro (XII Commissione della Camera dei Deputati della Repubblica) e di Cittadinanzattiva.
LE CARATTERISTICHE DEGLI ANTICORPI MONOCLONALI
Gli anticorpi monoclonali dovrebbero essere utilizzati entro 3-5 giorni dalla comparsa dell’infezione. Servono ad evitare che la patologia degeneri nelle sue forme più gravi: in più del 95% dei casi sono in grado di bloccare l’evoluzione del quadro. Differiscono dai vaccini in quanto sono anticorpi costruiti in vitro e sono attivi in maniera molto selettiva nei confronti del virus, riconoscendo un antigene specifico della proteina spike contro cui sono diretti, mentre il vaccino deve determinare una risposta anticorpale all’interno del nostro organismo.
“L’impiego degli anticorpi monoclonali ormai è una realtà consolidata nel trattamento delle fasi precoci dell’infezione in quei soggetti che presentano un alto rischio di sviluppare una progressione severa della malattia – spiega il Prof. Claudio Mastroianni, Presidente SIMIT – Fondamentale è la somministrazione precoce che deve avvenire preferibilmente entro 3-5 giorni dall’esordio dei sintomi. Gli anticorpi monoclonali rappresentano una terapia dal grande impatto nell’evitare l’ospedalizzazione, una delle conseguenze più devastanti del Covid. Una strategia di possibile futura applicazione è l’impiego come profilassi pre- e/o post-esposizione in soggetti che non hanno completato il ciclo di vaccinazione o che si prevede che non sviluppino una adeguata risposta immunitaria al vaccino, come gli immunodepressi”.
“Gli anticorpi monoclonali sono un’importante arma farmacologica del SSN nella lotta contro il virus”, è il commento di Arturo Cavaliere, presidente nazionale SIFO, “E’ uno strumento che si affianca alle norme di prevenzione ed ai vaccini per fronteggiare l’emergenza COVID-19 che dal febbraio 2020 sta mettendo il nostro Paese (e tutto il mondo) in una situazione di incertezza sociale e di pressione sanitaria senza precedenti. Siamo certi che il SSN saprà offrire ai cittadini la possibilità di utilizzare, anche grazie ai farmacisti ospedalieri, questa nuova importante arma contro il SARS-COV-2 con precisione, efficacia e puntualità. I farmacisti ospedalieri, come da loro competenza e responsabilità, sono la colonna portante insieme agli specialisti e ai MMG, sia della gestione complessiva degli anticorpi monoclonali che del meccanismo di farmacovigilanza, raccordandosi con le reti regionali, fornendo tempestivamente tutti i dati e gli elementi necessari per assicurare una gestione corretta e sicura dei farmaci”.
IL RUOLO STRATEGICO DEI MEDICI DI FAMIGLIA PER UN USO CORRETTO DEI MONOCLONALI
L’uso degli anticorpi monoclonali riguarda i pazienti non ospedalizzati, maggiori di 12 anni, non in ossigeno terapia e che presentino un rischio di malattia severa. “Sono stati definiti dalle Autorità Sanitarie le condizioni cliniche che deve presentare il malato di SARS-COV 2 per avere diritto alla terapia con anticorpi monoclonali. E’ cruciale individuare tempestivamente questi soggetti e avviarli con procedure fast track presso i centri di riferimento – sottolinea Pierangelo Lora Aprile – Il Medico di Medicina Generale può immediatamente verificare se il malato con sospetto di malattia SARS-COV 2 è compreso tra i soggetti vulnerabili e/o fragili. La vulnerabilità si riferisce ad una condizione di rischio per la specifica malattia SARS COV-2, mentre la fragilità è legata alla presenza di deficit multipli che condizionano in generale un maggior rischio nel caso di malattia. SIMG, attraverso la sua Scuola di Ricerca ha elaborato indicatori di vulnerabilità e di fragilità (HS Vulnerability Index- HX Frailty Index) che rendono più agevole la identificazione dei soggetti a cui prestare la massima attenzione e nel caso di accertata infezione da COVID verificare la presenza dei requisiti necessari per accedere le cure. Al rapido controllo dei pazienti deve poi seguire un immediato accesso ai centri di riferimento sul territorio. Lo specialista responsabile dovrà definire, secondo le caratteristiche del paziente, la terapia migliore e avviare il trattamento necessario in quella determinata circostanza”.
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