A Catania, si è da poco svolto un congresso organizzato dalla SIMDO, Società Italiana Metabolismo Diabete Obesità. Quali sono le complicanze cardiorenali alle quali si va incontro se si soffre di diabete? Ne parliamo con Vincenzo Provenzano, responsabile scientifico del congresso e direttore dell’Unità operativa complessa di Medicina interna e Diabetologia dell’ospedale Civico di Partinico e presidente nazionale della SIMDO.
QUALI SONO LE COMPLICANZE CARDIO RENALI DEI MALATI DI DIABETE?
Un lavoro molto recente, pubblicato su una casistica di un milione 300 mila persone di diversi stati europei, ha mostrato che all’esordio del diabete, il 66% delle persone non aveva complicanze. Il 34% aveva complicanze cardiovascolari, a livello coronarico o a livello dei tronchi sovraortici.
Nei diabetici neo diagnosticati dopo 4 anni e mezzo il 20% sviluppava delle complicanze, di queste il 36% erano complicanze renali e il 14% erano relative allo scompenso cardiaco. Queste complicanze che negli anni abbiamo studiato un po’ meno, perché in qualche modo note, sono quelle che meritano, invece, più attenzione. Prima di arrivare a 4 anni e mezzo dalla diagnosi, dunque, bisogna prenotare una visita di controllo.
QUALI ESAMI SEGUIRE PER PREVENIRE TALI COMPLICANZE?
Tutti i pazienti che hanno il diabete tipo 2, circa il 90% della popolazione a livello mondiale, soprattutto se obesi devono fare regolarmente degli screening che vanno dalla valutazione delle complicanze micro vascolari a quelle macrovascolari.
Vi è un esame importante che è la microalbuminuria, un esame che indica già in maniera diretta quello che potrebbe diventare a lungo andare un danno renale. Ci sono persone con diabete che perdono albumina attraverso le vie urinarie, invece, altri pazienti arrivano alla classica insufficienza renale cronica.
In queste persone la filtrazione renale progressivamente si riduce nel tempo, questi pazienti vengono classificati in base al grado di intensità della malattia, sia per quanto riguarda l’attivazione della funzione renale, dalla prima classe alla classe quarta, sia per la sindrome nefrosica. Purtroppo ci rendiamo conto che se c’è se ci sono entrambe le patologie, questi pazienti vanno in dialisi.
NEL MOMENTO IN CUI SI INIZIA LA TERAPIA QUESTE COMPLICANZE SI BLOCCANO?
Nella terapia contro il diabete queste complicanze non si possono bloccare ma si possono rallentare. Alcune delle molecole note da pochi anni, come le glifozine, una classe di farmaci utilizzati nel trattamento del diabete di tipo 2. Agiscono inibendo il cotrasportatore 2 sodio/glucosio e sono quindi anche chiamati inibitori di SGLT-2.
Includono tre molecole: l’empagliflozin, il canagliflozin e il dapagliflozin, approvati in Italia in mono somministrazione giornaliera, con un profilo di safety superiore rispetto ad altri ipoglicemizzanti orali.
Hanno mostrato di avere capacità di rallentare la progressione del danno renale ben oltre il 40% nei soggetti trattati rispetto a soggetti che non ne facevano uso e questo indipendentemente dal controllo metabolico.
È POSSIBILE USARE UN FARMACO PER CURARE IL DIABETE E LE COMPLICANZE?
È possibile rallentare il danno renale iniziale in un soggetto con diabete di tipo 2 e prevenire la comparsa dello scompenso cardiaco anche con le stesse molecole utilizzate oggi nei soggetti non diabetici.
Purtroppo per la cura del diabete, nonostante queste molecole innovative riescano a essere molecole salvavita possono essere prescritte solo dal diabetologo. Noi contestiamo questa scelta, perché purtroppo, il medico di medicina generale che il primo attore della cura è costretto ad utilizzare molecole che certamente non sono salvavita ma si limitano al controllo della glicemia.
La mortalità per diabete in Sicilia, Calabria e Puglia è doppia rispetto ad altre regioni e prevenire vuol dire in questo caso compiere scelte organizzative efficaci.
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