Home » Post e Long Covid: come è cambiata la sintomatologia

Il Post e il Long Covid-19. Si parla di una vera e propria sindrome post virale. È cambiata la sintomatologia? Come si curano? Ne parliamo con Vincenzo Provenzano, direttore Centro Covid-19 dell’ospedale di Partinico, Rosa Gesualdo, psicologa dello stesso ospedale e Mario Tambone, responsabile Long Covid-19 dello stesso centro dell’Asp di Palermo.


LONG COVID-19: È CAMBIATA LA SINTOMATOLOGIA RISPETTO ALL’INIZIO DELLA PANDEMIA?

Il Long Covid è una sindrome post-virale che colpisce una certa percentuale di pazienti che hanno contratto il Covid-19. Abbiamo analizzato i dati e scoperto che un paziente su cinque pazienti ricoverati, e uno su dieci dei pazienti non ricoverati sviluppa sintomi che durano fino a 60 giorni.

Questi sintomi includono fatica, stanchezza fisica, mal di testa, confusione mentale, dolori al torace e alle gambe. Mentre la maggior parte di questi sintomi va via entro 60 giorni, una percentuale significativa di pazienti sviluppa una patologia cronica chiamata Long Covid.

Inoltre, la sindrome da Covid-19, in particolare, può causare danni al sistema nervoso centrale, come la presenza di lesioni ischemiche e infiammazioni croniche della glia, che possono causare sintomi neurologici come la fatica, il mal di testa, la confusione, la perdita di memoria lacunare e la disorientamento. Questi sintomi possono rendere parzialmente invalido il paziente.

QUANTO È IMPORTANTE RICONOSCERE I SINTOMI IN TEMPO?

Il Long Covid è un problema che interessa molti organi del corpo, preferendo alcune parti rispetto ad altre. Alcuni pazienti possono sviluppare ictus, trombosi cerebrali e altri problemi cardiaci. Inoltre, il Long Covid può aumentare il rischio di diabete e altre malattie.

Per questo motivo, è importante riconoscere i sintomi del Long Covid il prima possibile e iniziare il percorso di cura. Al centro Covid, il più grande e antico della Sicilia occidentale, stiamo lavorando da oltre un anno per assistere i nostri pazienti con Long Covid. In alcuni casi, queste alterazioni cognitive e affettive possono persistere a lungo termine, causando disfunzioni esecutive e una disorientamento del paziente.

COSA DICONO I DATI DELLO STUDIO CONDOTTO ALL’OSPEDALE DI PARTINICO SUL LONG COVID?

Dopo aver osservato e valutato la presenza di queste alterazioni in numerosi pazienti, abbiamo condotto uno studio su un campione di 300 persone, e abbiamo scoperto che circa il 68% del campione presentava alterazioni delle funzioni cognitive, come memoria, attenzione e concentrazione.

Inoltre, circa il 71% del campione manifestava disturbi dell’umore, in particolare alterazioni depressive sia lievi che moderate, ma anche molto gravi in alcuni casi. Anche i sintomi di ansia erano comuni nel campione, riscontrati in circa l’82% dei pazienti.

In alcuni casi, sono stati riscontrati anche dei sintomi legati al disturbo post-traumatico da stress, poiché le situazioni particolari vissute dai pazienti hanno creato una serie di vissuti traumatici che devono essere elaborati e affrontati.

IN COSA CONSISTE LA TERAPIA CONTRO IL LONG COVID-19?

Il nostro approccio è basato su un modello di cura che segue il paziente in ogni fase, dal ricovero all’ambulatorio, al day hospital. Ci concentriamo sulle terapie più adatte a ogni singolo paziente, con l’obiettivo di intervenire precocemente e prevenire complicanze.

Seguiamo il paziente a partire dal suo ingresso in ospedale supportandolo e sostenendolo psicologicamente. Ci occupiamo della comunicazione con i familiari perché ci rendiamo conto che l’ospedalizzazione è già di per sé una situazione delicata, soprattutto in un contesto in cui gli operatori sanitari possono entrare nel reparto soltanto bardati.

QUAL È LA VOSTRA MISSIONE?

La nostra missione come psicologi è quella di cercare di intervenire per aiutare il paziente a superare questi momenti difficili, elaborare i traumi vissuti e recuperare le funzioni cognitive e affettive. E’ stata differenziata la situazione a breve termine, cioè dopo 30-180 giorni dagli effetti più a lungo termine, cioè 6 mesi- un anno dall’infezione. I risultati sono stati pubblicati sulla nota rivista medica BMJ. La nostra missione è quella di seguire il paziente fino a completa guarigione e non abbandonarlo al suo destino.

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