Indagine condotta su 15 paesi nel mondo sull’evoluzione della digital health technology per migliorare la qualità dei sistemi sanitari.
L’88% dei professionisti della salute italiani ha utilizzato tecnologie digitali o app nel proprio ospedale o studio, ma solo il 57% fa uso della cartella clinica elettronica (CCE). 4 su 10 non hanno ancora utilizzato la telemedicina.
Il 76% dei pazienti vuole poter accedere alla propria cartella clinica elettronica, mentre il 91% di chi lo ha già è disposto a condividerla.
Milano, 18 Novembre 2019
Philips (NYSE: PHG, AEX: PHIA), leader globale nell’Health Technology, ha reso pubblici i risultati del Future Health Index (FHI) 2019, studio internazionale condotto su 15 paesi nel mondo – tra cui l’Italia – per accelerare il passaggio verso modelli sanitari sempre più sostenibili, basati sul valore e supportati dalle tecnologie connesse.
L’indagine, giunta alla sua quarta edizione, si concentra sul ruolo che la digital health technology svolge nel migliorare sia l’esperienza di cura dei pazienti sia quella dei professionisti del settore sanitario.
Ne emerge un quadro che vede il nostro Paese al primo posto in Europa e tra i primi al mondo per l’utilizzo delle tecnologie digitali da parte dei professionisti sanitari – l’88% di questi dichiara infatti di aver utilizzato digital health technology o app nel proprio ospedale o studio, contro una media FHI del 78% – ma ancora in ritardo sul terreno della condivisione dei dati, della cartella clinica elettronica (CCE) e della telemedicina.
I pazienti italiani si dichiarano desiderosi di avere accesso ai propri dati sanitari. Il 76% di chi non ha o non sa di disporre dell’accesso alla CEE dichiara di volerlo. E sono pronti a condividerli (91%), mentre chi lo fa già risulta più proattivo e coinvolto nella gestione della propria salute. La digital health technology è quindi percepita come elemento chiave dell’innovazione possibile.
Simona Comandè, General Manager Philips Italia, Israele e Grecia, commenta: “Professionisti sanitari attivi e tecnologicamente preparati riconoscono i vantaggi della sanità digitale per se stessi e per i pazienti, mentre pazienti informati e responsabilizzati prestano maggiore attenzione alla cura della propria salute, con ricadute positive anche sui costi per il sistema sanitario nazionale. La relazione medico-paziente è arrivata un nuovo decisivo punto di evoluzione: la condivisione dei dati. La CCE è una cartina al tornasole: c’è ancora da fare in questo campo”.
PROFESSIONISTI SANITARI TECNOLOGICAMENTE PREPARATI MA “PIGRI” NELL’UTILIZZO
Se da un lato la digital health technology è molto utilizzata dai professionisti sanitari italiani, c’è ancora terreno da recuperare sul versante della cartella clinica elettronica (CCE), utilizzata solo dal 57% dei professionisti (media FHI del 76%).
A frenarne una maggiore diffusione, la percezione da parte di alcuni operatori di ripercussioni negative sul proprio carico di lavoro e sul tempo dedicato ai pazienti. Ciononostante, l’indagine ha rivelato che i professionisti che utilizzano le CCE ne riconoscono l’impatto positivo sulla propria soddisfazione professionale (73%), sulla qualità dei servizi erogati (73%) e sui risultati clinici (63%).
L’Italia segna il passo anche in tema di telemedicina, con ben 4 professionisti della salute su 10 che dichiarano di non averla mai utilizzata. Eppure, questo strumento potrebbe essere di grande utilità nel risolvere uno dei problemi più sentiti dai pazienti italiani, quello dei tempi di attesa per le visite, che 8 intervistati su 10 ritengono troppo lunghi. Progressi necessari anche nell’ambito della condivisione dei dati tra pazienti e professionisti sanitari, visto che solo 1 paziente su 5 condivide i dati rilevati.
POTERE AI PAZIENTI! PIÙ ACCESSO AI DATI, PIÙ CONTROLLO = PIÙ PROATTIVITÀ, MENO TEMPI DI ATTESA.
I pazienti vogliono esercitare un maggiore controllo e disporre di informazioni su tutti gli aspetti della loro vita, come dimostra il fatto che il 76% che non ha o non sa di disporre dell’accesso alla propria cartella clinica elettronica dichiara di volerlo. Il 91% degli italiani che hanno accesso ai propri dati è disposto a garantirlo anche al professionista sanitario e il 43% degli stessi si definisce proattivo, contro il 28% tra quanti non hanno accesso.
Gli italiani lamentano un sistema sanitario poco efficiente in termini di tempi (72%), di costi (66%), e di accesso (58%). Particolarmente sentita, come già sottolineato, la tematica dei tempi di attesa per la visita con un professionista, ritenuti troppo lunghi dall’81% dei pazienti. Anche i pazienti, così come i professionisti della sanità, vedono nella difficoltà di condivisione dei dati il principale ostacolo all’adozione della digital health technology, problema a cui si sommano le preoccupazioni sulla sicurezza dei dati sanitari. Circa 1/3 degli italiani che non utilizzano tecnologie sanitarie digitali o app afferma che probabilmente ne farebbe uso, senza questi problemi.
Future Health Index (FHI) 2019
Le indagini del Future Health Index si sono svolte dal 4 marzo al 19 maggio 2019 in 15 paesi (Australia, Brasile, Cina, Francia, Germania, India, Italia, Paesi Bassi, Russia, Arabia Saudita, Singapore, Sudafrica, Polonia, Regno Unito e Stati Uniti) nella loro lingua madre. Il sondaggio è stato condotto online e offline (in base alle esigenze di ciascun mercato) con una dimensione del campione pari a 1.000 per mercato per gli individui (popolazione generale) e 200 per mercato per gli operatori sanitari. Le uniche eccezioni hanno riguardato gli Stati Uniti e la Germania, che avevano ciascuno campioni leggermente più grandi di operatori sanitari. Per la popolazione generale, il sondaggio è rappresentativo in base a dati demografici chiave, ad es. età, genere, regione, tipo di località (rurale / urbano), reddito / SEL / istruzione ed etnia (dove il caso lo ha richiesto). Ciò è stato ottenuto attraverso un mix di bilanciamento e ponderazione. In Arabia Saudita e in Brasile, il sondaggio è rappresentativo a livello nazionale della popolazione online. La durata del sondaggio è stata di circa 15 minuti per Stati Uniti, Germania e Paesi Bassi e di circa 10 minuti per i rimanenti mercati. Il campione totale del sondaggio comprende 3.194 professionisti sanitari (definiti come coloro che lavorano nell’assistenza sanitaria come medico, chirurgo, infermiere, con una varietà di specializzazioni) e 15.114 individui che rappresentano la popolazione generale adulta.
Royal Philips
Royal Philips (NYSE: PHG, AEX: PHIA) è un’azienda leader nel campo della salute e del benessere, il cui obiettivo è migliorare la vita delle persone e facilitare l’intero iter della cura dal sostegno di uno stile di vita sano alla prevenzione, dalla diagnosi precoce al trattamento fino alle cure domiciliari. Philips si avvale di una tecnologia avanzata e di una profonda conoscenza degli aspetti clinici e delle esigenze del consumatore per fornire soluzioni integrate. L’azienda, con headquarter in Olanda, è leader nell’ambito della diagnostica per immagine, dell’interventistica, del monitoraggio del paziente e dell’informatica applicata alla sanità, delle soluzioni per il benessere delle persone e della cura a domicilio.
Philips, con vendite generate dal business HealthTech pari a 18,1 miliardi di Euro nel 2018, conta circa 77.000 dipendenti in oltre 100 paesi.
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