A distanza di due anni dal contagio con il virus Covid-19 si potrebbero accusare ancora sintomi legati agli aspetti neurologici. Il cosiddetto “Neurocovid”, secondo gli esperti. E a soffrirne sarebbero in maggioranza le donne. A dirlo sono diversi studi, vediamo di cosa si tratta.
di Melania Sorbera
In base ad uno studio italiano, condotto da un gruppo di ricercatori della Clinica Neurologica dell’Azienda Sanitaria Universitaria Giuliano-Isontina di Trieste, pubblicato sulla prestigiosa rivista “Journal of the Neurological Sciences“, il rischio di andare incontro ai postumi del Covid non dipenderebbe solo dalla gravità dell’infezione e le donne sarebbero quelle maggiormente esposte.
I ricercatori, sono arrivati a queste conclusioni, analizzando le condizioni di salute di 213 pazienti che, tra l’1 gennaio e l’1 ottobre del 2021, si sono avvalsi delle cure dell’ambulatorio creato per gestire il Long Covid. Hanno analizzanto la presenza di sintomi a distanza di 4 o più settimane dalla comparsa di quelli acuti, determinati dall’infezione. Dopo un’attenta valutazione, le 151 donne che facevano parte del campione, età media 54 anni, hanno dimostrato di manifestare sintomi associabili a disturbi neurologici, come: il mal di testa, la perdita del gusto e dell’olfatto, astenia, la comparsa di parestesie, disturbi dell’umore, deficit cognitivi, acufene e insonnia.
Tutte condizioni che non erano presenti nella vita delle pazienti prima che contraessero l’infezione. L’aspetto più importante di questa ricerca è il fatto che la presenza dei sintomi non è legata alla gravità della malattia al momento della sua comparsa, grave o meno che sia stata. La causa di un tale perdurare dei sintomi, nelle donne, potrebbe essere legata, secondo gli esperti, alla presenza degli estrogeni, responsabili di una risposta immunitaria più forte, come emerge anche dal fatto che in questo sesso vi è una prevalenza maggiore di malattie autoimmuni rispetto agli uomini. Non solo. L’infezione da Covid-19 potrebbe anche aver attivato in altre parti dell’organismo degli agenti patogeni, fino a quel momento dormienti, provocando una risposta infiammatoria a livello locale. Questo potrebbe essere alla base di quel fenomeno che oggi chiamiamo nebbia cerebrale, tanto diffuso tra i sintomi neurologici.
A confermare lo stesso rischio, è anche un modello messo a punto per l’OMS Europa dall’Institute for Health Metrics and Evaluation della School of Medicine dell’Università di Washington, negli USA. Dai dati presenti nel modello, è risultato che le donne, rispetto agli uomini, hanno una probabilità doppia di sviluppare i sintomi del Long Covid. Sebbene la maggior parte dei contagiati Covid si riprenda completamente, dopo l’infezione il 10-20% dei pazienti sviluppa una varietà di effetti a medio e lungo termine. Sintomi che possono persistere o comparire dopo la guarigione, che vanno e vengono o determinano ricadute periodiche.
Il Long Covid, anche a distanza di due anni, può sempre avere un impatto diretto o indiretto sulla salute mentale e il benessere psicologico, e può condizionare la capacità di svolgere attività quotidiane come il lavoro o le faccende domestiche.
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