“Il 2020 è stato un anno particolare, dove l’epidemia da Covid-19 ha reso difficile l’accesso alle diagnosi e alle cure ma, nonostante questo, in Italia sono state eseguite circa 7.729 nuove diagnosi di celiachia“, che portano il totale dei celiaci diagnosticati a oltre 233.000.
A fornire il quadro il Ministero della Salute nella Relazione annuale al Parlamento sulla Celiachia, da cui emerge un calo delle diagnosi rispetto 2019, quando i nuovi casi individuati erano stati 11.179 (numero più alto della media degli anni precedenti).
Non solo un sacrificio nella dieta
La celiachia è una condizione cronica autoimmune, che colpisce circa l’1% della popolazione e comporta la necessità di escludere dalla dieta, per tutta la vita, il glutine, proteina contenuta nel frumento e in altri cereali. Si scatena quando il sistema immunitario comincia, per errore, ad aggredire il glutine e la trans-glutaminasi presente nelle cellule dell’organismo. Oltre a quelli intestinali, tra i sintomi vi sono stanchezza, perdita di capelli, unghie sfaldate, lesioni nelle mucose del cavo orale. Se non curata a lungo la celiachia, può provocare danni, come infertilità, arresto della crescita, ipotiroidismo, diabete, dermatite, anemia.
L’importanza della dieta aglutinata
Per questo, negli ultimi anni, si è posto un forte accento sull’importanza della diagnosi precoce. Dai dati 2020 risulta che in Italia i celiaci siano 233.147, di cui il 34% maschi (78.248) e il 66% femmine (154.899) e ben 52.762 sono bambini tra 0 e 17 anni. Questi pazienti, se diagnosticati e adeguatamente trattati, sottolinea la relazione, “hanno lo stesso rischio della popolazione generale di ospedalizzazione e mortalità per Covid-19“.
Mentre le persone con celiachia complicata dalla presenza di ridotta funzionalità della milza, “sono immunodepressi e quindi vanno considerati ad alto rischio di contrarre l’infezione“.
Bene la gestione dei celiaci “fuori sede”
“Per garantire alle persone con celiachia la dieta senza glutine anche in piena pandemia, il Ministero ha provveduto a supportare le Regioni nella gestione dei celiaci fuori sede e a confezionare la bozza della norma che ha come obiettivo l’acquisto dei prodotti senza glutine al di fuori della regione di residenza o del domicilio sanitario del paziente celiaco e la spendibilità del buono in tutti i canali di vendita“.
Lo scrive il ministro della Salute Roberto Speranza nella prefazione della Relazione annuale al Parlamento sulla celiachia, pubblicata dal Ministero. Nel 2020 il Servizio sanitario nazionale ha speso 209,6 milioni di euro per l’acquisto dei prodotti senza glutine, con un contributo pro-capite medio di circa 1.000. Sono invece 37.772 le mense pubbliche, scolastiche e non, che hanno erogato pasti senza glutine per i celiaci che ne hanno fatto richiesta, un numero in calo rispetto al dato 2019, che ne riportava 38.172.
RMDN
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