Arrivano novità importanti sul fronte degli studi scientifici relativi al Covid-19: la gravità della malattia potrebbe dipendere pure da fattori genetici. Anzi, stando a quanto riportato dall’Ansa, sarebbero cinque gli elementi genetici in grado di differenziare la risposta dell’organismo all’infezione. Come spesso accade in Medicina, gli approfondimenti consentono, nel tempo, di comprendere meglio quali e quanti fattori di rischio esistano per una persona o per un determinato gruppo di potenziali pazienti.
Andiamo con ordine: la rivista iScience ha pubblicato uno studio secondo cui la genetica può svolgere un ruolo rispetto alla reazione del nostro organismo all’infezione dovuta al Sars-Cov2: “I cinque fattori genetici – si legge sull’agenzia sopracitata sono mutazioni che alterano il funzionamento di due geni, chiamati TMPRSS2 e MX1, e sono stati individuati dalla ricerca condotta dal gruppo del Ceinge-Biotecnologie avanzate di Napoli guidati da Mario Capasso e Achille Iolascon, docenti di Genetica Medica dell’Università Federico II di Napoli”. Non tutti dunque – come peraltro era già noto – rispondono all’infezione alla stessa maniera. Ma le differenti modalità reattive dipenderebbero dunque anche dalle mutazioni genetiche di cui si è accennato. Il tutto peraltro coinvolge alcune mutazioni che sono riscontrabili su un cromosoma specifico: il ventuno.
La sensazione è che sia stato fatto un ulteriore passo in avanti in materia di comprensione delle pre-condizioni che alimentano la gravità del Covid-19. Arrivare a capire quale sia la base genetica che predispone ad un quadro grave, del resto, potrebbe aprire scenari innovativi in materia di cura e terapia. E infatti il professor Capasso, sempre stando a quanto si può leggere sull’Ansa, ha dichiarato a stretto giro che “questo studio getta le basi per mettere a punto nuovi test genetici che permettono di predire quali sono i soggetti ad alto rischio di sviluppare manifestazioni cliniche gravi di Covid-19”. Si tratterebbe sicuro di una grossa novità, pure per via della prevenzione che potrebbe essere messa in campo.
La frase che lascia davvero ben sperare, poi, è quella del professor Iolascon: “i due geni (TMPRSS2 e MX1) trovati più frequentemente mutati nel gruppo dei pazienti gravi potrebbero essere potenziali bersagli terapeutici”, ha dichiarato l’accademico. Le strategie per contrastare la pandemia potrebbero dunque essere arricchite mediante nuovi strumenti e nuove “armi”. La ricerca italiana ha segnato un altro punto sul pallottoliere dell’eccellenza.
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