Le malattie cardiovascolari sono la prima causa di morte in Italia. in base ad uno studio internazionale al quale partecipa anche il nostro Paese, l’infarto potrebbe essere prevenuto con una proteina che ripulisce le arterie del cuore. Vediamo di cosa si tratta.
di Melania Sorbera
Secondo i dati Istat del 2018, la cardiopatia ischemica è responsabile del 9,9% di tutte le morti, il 10,8% negli uomini e il 9% nelle donne. Ecco perché la sperimentazione in questo campo non finisce mai. Ed è proprio per questo che a Boston, all’Harvard Medical School è stato avviato uno studio che punta a reclutare circa 20 mila soggetti attraverso mille e 35 centri in tutto il mondo, pronti a testare la “apolipoproteina apoA-I“: una sorta di “spugna” in grado di assorbire i lipidi con cui viene a contatto, riuscendo a staccarli dalla placca aterosclerotica.
Tra i centri coinvolti nella terapia sperimentale c’è anche uno dei 49 Istituti di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico italiani, il “MultiMedica“ di Sesto San Giovanni che ha arruolato la sua prima paziente per il trial “ApoA-I Event Reducing in Ischemic Syndromes II, “AEGIS-II“. “Obiettivo primario del lavoro – fa sapere il dottor Roberto Pedretti, direttore del Dipartimento cardiovascolare dell’Irccs MultiMedica – è osservare se questo trattamento sia in grado di ridurre il rischio di ulteriori eventi cardiovascolari nei primi 90 giorni dopo l’infarto, il periodo di maggior vulnerabilità“.
Ricordiamo che nella maggior parte dei casi l’infarto del miocardio è dovuto alla trombosi di un grosso ramo coronarico, secondaria ad un processo aterosclerotico. Le coronarie sono vasi che provvedono all’irrorazione sanguigna del miocardio, dalla loro integrità dipende il corretto afflusso di ossigeno e nutrienti al cuore. L’aterosclerosi colpisce gli strati più interni delle pareti vascolari ed è caratterizzata dalla formazione di lesioni o placche ricche di grasso, formazioni di colesterolo, cellule delle pareti, in fase di proliferazione e cellule infiammatorie. Le placche aterosclerotiche, che possono essere localizzate o diffuse, determinano spesso il restringimento del lume del vaso e si complicano con la formazione di un coagulo sulla loro superficie. Questo può produrre la brusca occlusione del vaso stesso, con conseguente ischemia prolungata e infarto dei tessuti a valle.
“Mentre i farmaci esistenti – spiega il professor Giuseppe Ambrosio, coordinatore per l’Italia dello studio AEGIS-II e vice direttore scientifico dell’Irccs MultiMedica – agiscono riducendo la sintesi di colesterolo e prevenendo la formazione di nuovi accumuli, questa terapia ha un obiettivo più ambizioso e mai raggiunto prima: aggredire le placche già presenti nelle arterie. È un approccio del tutto nuovo, che ci auguriamo – conclude – possa contribuire alla riduzione di eventi acuti in chi ha avuto un infarto. I risultati preliminari sono molto incoraggianti“.
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