L’Istituto di Ortofonologia (IdO) lancia un messaggio forte per garantire i diritti dei minori nel campo della neurodiversità e nel rispetto dell’evoluzione di ciascuno
2 Aprile 2021
Oggi in occasione della Giornata mondiale della consapevolezza dell’autismo, l’Istituto di Ortofonologia (IdO) lancia un messaggio forte per garantire i diritti dei minori nel campo della neurodiversità e nel rispetto dell’evoluzione di ciascuno: “In questo disturbo del neurosviluppo i bambini presentano un funzionamento atipico che non significa necessariamente inferiore, ma diverso da quel trend evolutivo che noi consideriamo normale”. A dirlo è Magda Di Renzo, responsabile del servizio Terapie IdO, che aggiunge: “Siamo noi, come operatori dotati di sviluppo normotipico e capacità di adattamento, a doverci adattare al funzionamento del bambino comprendendolo, per poi aiutarlo ad entrare nel mondo convenzionale della comunicazione e ad aderire al contesto sociale. Voler forzare, con quegli strumenti presunti della normalità – sottolinea la psicoterapeuta – il bambino dentro un binario diverso dello sviluppo può rappresentare un danno, perché violenta il suo trend evolutivo”.
GLI OPERATORI NON SI LIMITINO A VEDERE I SEGNI COME MANIFESTAZIONI PATOLOGICHE
“Oggi sappiamo quali sono i segni che caratterizzano i disturbi dello spettro autistico (Dsa) – continua Di Renzo – si tratta di vedere le manifestazioni non solo nel loro senso patologico, ma anche come possibilità difensiva e risorsa. Ormai tanti autistici in età adulta ci hanno potuto testimoniare nelle loro biografie come vedono il mondo e come si sentono – racconta la psicoterapeuta – e ciò ci aiuta a capire che siamo noi a dover entrare in quel mondo per cercare di avvicinarlo al nostro. A noi operatori compete il dover far capire culturalmente quanto questi ragazzi possano essere delle importanti risorse“. Una volta fatta la diagnosi e avviato il percorso riabilitativo, bisogna sostenere le famiglie. “Si vedono troppo spesso situazioni in cui le famiglie si sentono disorientate e abbandonate, soprattutto quando il figlio, crescendo, esce dai canali riabilitativi”, prosegue Teresa Mazzone, presidente del Sindacato Italiano Specialisti Pediatri (SISPE). Il ruolo del pediatra nell’ambito dei Dsa è importante per individuare il “più precocemente possibile ogni minimo sospetto e, nel caso, inviare il bambino allo specialista competente”.
LE BANDIERINE ROSSE PER IL PEDIATRA
“I pediatri devono fare attenzione se a 6 mesi il bambino non sorride; se entro i 9 mesi non mostra emozioni o espressioni facciali particolari; se entro i 12 mesi non indica o mostra, o non si gira se chiamato per nome; se entro i 14 mesi – precisa Mazzone – non indica gli oggetti distanti; o, ancora, se entro i 16 mesi non pronuncia delle paroline. Piccoli indicatori che si possono approfondire nel proprio ambulatorio – consiglia la pediatra – e che ci sollecitano a rivalutare quel bambino nel breve e medio termine, perché una diagnosi precoce e un intervento riabilitativo precoce hanno un’importanza enorme nella prognosi del bambino e della sua famiglia”.
CERCARE SEGNALI DI RISCHIO È LOTTA IMPORTANTE CONTRO IL TEMPO NEI BAMBINI A RISCHIO
“Nei primi 3 anni di vita succedono le cose più straordinarie – avvisa la psicoterapeuta dell’età evolutiva – ed è importante ribadire che non cerchiamo di anticipare la diagnosi, ma cerchiamo i fattori di rischio“. Un impegno che apre un nuovo interrogativo: “Abbiamo strumenti idonei ad affrontare la terapia con i bambini di 16-18 mesi? È ovvio che per approcciare a un piccolo di 16 mesi dovrò avere strumenti che non siano quelli che utilizzo nella riabilitazione, ma che permettano sia di avvicinarsi alla dimensione corporea dei bambini che di sostenere le mamme nel trovare le sintonizzazionì. Ogni bambino fa ‘il sintomo che può in base alla sua età – sottolinea la responsabile dell’IdO – per cui è la terapia a doversi adattare al bambino, non è il bambino che si adatta alla terapia. La terapia deve andare nei tempi e nei luoghi in cui il bambino abita con le sue manifestazioni e deve essere congrua. Nei primi due anni di vita centrale è il linguaggio affettivo, gestuale e corporeo – precisa – e tutti i predittori di rischio fanno riferimento a questo. Da qui parte il lavoro che stiamo conducendo con i pediatri”.
IL RUOLO DEL PEDIATRA NELL’INDIVIDUAZIONE PRECOCE DEL RISCHIO
Mediamente ogni pediatra ha in carico circa 800 bambini, con una fascia di età che è compresa tra pochi giorni di vita e i 14 anni. “Io al momento seguo circa 20 bambini con queste problematiche e ricordo bene gli ultimi tre che ho inviato a valutazione tra la fine dell’anno scorso e l’inizio di questo – fa sapere Mazzone – sono tutti tra i 18 e i 24 mesi. Noi pediatri ci ricordiamo che quello che cerchiamo non sono comportamenti patologici, ma uno scostamento da ciò che succede normalmente. Quindi – spiega Mazzone – attraverso le domande rivolte ai genitori, le schede di valutazione del neurosviluppo somministrate a ogni bilancio di salute del bambino, i testi di screening per la sordità e la miopia, possiamo in modo decontestualizzato capire come il bambino reagisce e cercare poi altri predittori. Possiamo insegnare ai genitori cosa guardare nel figlio e come relazionarsi con lui, come trattarlo, come parlargli, come stimolarlo e comprendere i suoi stati d’animo. Possiamo dare una serie di indicazioni di comportamento che, unite alla diretta valutazione del pediatra, possono far scattare dei campanelli d’allarme e inviare quindi il bambino a una valutazione tempestiva. Non è importante fare una diagnosi – ripete la pediatra – ma se c’è un fattore di rischio occorre intervenire con un percorso riabilitativo per garantire al bambino la migliore qualità di vita possibile”. Quanto alle famiglie, purtroppo, la presidente SISPE accende i riflettori soprattutto sulla difficile “transizione tra i vari cicli scolastici e sul passaggio dal pediatra al medico di famiglia. Un passaggio che spesso crea qualche piccola difficoltà. Nel mio caso – ammette la pediatra – sono avvantaggiata perché i pazienti che seguo possono passare al medico di famiglia che lavora insieme a me e ciò facilita la transizione. A livello nazionale, però, possono sorgere difficoltà a causa di una scarsa comunicazione, partecipazione e sostegno”.
IDO E PEDIATRI, SINERGIA IMPORTANTE IN AIUTO DI BAMBINI E FAMIGLIE
“Quando incontriamo dei genitori consigliati, con sensibilità, dal pediatra – precisa Di Renzo – metà del lavoro è già stato svolto. È doveroso aiutare i genitori perché loro hanno un compito più difficile di quello che spetta ai genitori normotipici – continua la responsabile del Servizio terapie IdO – e devono essere aiutati ad essere dei genitori che si sentano efficaci. Non devono fare i terapeuti altrimenti snaturano il loro ruolo. Se i genitori vengono sostenuti veramente con percorsi individuali o di gruppo, insieme ai bambini e condividendo socialmente le difficoltà, si crea una svolta – ammette la psicoterapeuta – diventando le uniche, vere, importanti risorse del bambino. Prima, però, bisogna aiutare le mamme e i papà a sintonizzarsi, sostenendoli”.
IL PUNTO AL CONVEGNO NAZIONALE IDO DAL 15 AL 18 APRILE
Tutte queste tematiche saranno al centro del convegno dell’IdO in programma dal 15 al 18 aprile in diretta streaming sul sito ortofonologia.it per festeggiare i suoi 50 anni di attività e passare ‘Dall’esperienza alle proposte’. “L’ottica con cui, da sempre, guardiamo al bambino è quella della globalità e della complessità – afferma Di Renzo – in cui ogni manifestazione viene inserita non solo nella conoscenza dello sviluppo, ma anche nella tipicità di ogni percorso. Questo non riguarda unicamente il disturbo dello spettro autistico ma l’evoluzione dei bambini in assoluto, perché seppur abbiamo degli standard di normalità, sappiamo che esistono percorsi e modi diversi di essere normali. E se non abbiamo questa apertura – ricorda la psicoterapeuta – rischiamo di patologizzare bambini che mostrano segnali a volte originali. Nel nostro convegno, avendo invitato persone importanti a livello internazionale, vogliamo partire dalle manifestazioni dei primi anni di vita fino ad arrivare all’adolescenza. Vogliamo parlare di disturbi neuroevolutivi, di disagi legati alla plusdotazione e di talenti in ambito artistico che esistono tanto nella popolazione normotipica che in quella atipica”. L’appello è di “raggiungere il bambino nei suoi ‘luoghi’, ma abitando la su esperienza e la sua modalità per aiutarlo ad evolvere attraverso i nostri strumenti di conoscenza. Questo dal minimo disagio fino alla forma patologica più grave”. L’iscrizione al convegno IdO è gratuita perché “vogliamo rendere visibile e trasparente il lavoro che ci impegniamo a fare ogni giorno con i bambini”.
Per avere tutte le informazioni e gli approfondimenti basta consultare il sito IdO nella sezione dedicata al convegno.
Infine, è possibile scrivere a iscrizioneconvegno@ortofonologia.it.
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