Farmaci tra i più diffusi ed essenziali per la cura integrata in svariate patologie, i gastroprotettori sono stati negli ultimi anni oggetto di campagne allarmanti come causa diretta dell’insorgere d’importanti patologie.
A fronte di recenti studi che smentiscono tale correlazione, l’Associazione Italiana Gastroenteorologi ed Endoscopisti Ospedalieri (AIGO) intende fare chiarezza sull’utilizzo di questi farmaci, ribadendone l’importanza in numerosi disturbi dell’apparato digerente, scacciando timori e preconcetti e mettendo un punto fermo: no al fai-da-te!
Roma, 26 ottobre 2021
I gastroprotettori sono farmaci largamente diffusi, essenziali nella terapia di svariate patologie a danno dell’apparato digerente, in grado “proteggere” lo stomaco, l’esofago e il duodeno attraverso la riduzione della secrezione acida gastrica e laddove, prescritti, sono necessari, da assumere senza timore alcuno.
In questa categoria di farmaci, gli inibitori della pompa protonica che agiscono bloccando la produzione di acido cloridrico nello stomaco per una lunga durata, sono sicuramente quelli più efficaci, ampiamente prescritti e utilizzati, soprattutto nella popolazione anziana per contenere la secrezione acida e le loro conseguenze a danno della mucosa gastrica, primo tra tutti il sanguinamento. Dai dati di Federfarma si evince che nel 2020 ne sono state vendute in Italia oltre 6 milioni di confezioni e la loro spesa sfiora complessivamente i 44 milioni di euro.
“Le malattie in cui l’acido gastrico svolge un ruolo importante comprendono le ulcere dello stomaco o del duodeno, l’infezione da Helicobacter pylori, la malattia da reflusso gastro-esofageo e le lesioni gastro-duodenali causate dai farmaci anti-infiammatori non steroidei (FANS) – spiega Angelo Zullo, vice presidente AIGO e Docente di Gastroenterologia Clinica presso la Scuola di Formazione per Medici di Medicina Generale di Roma.
La terapia con i gastroprotettori può essere limitata a poche settimane, o durare anche a lungo termine, e tale necessità ne ha richiesto una valutazione sulla sicurezza, che negli ultimi anni ha portato al proliferare di segnalazioni in letteratura scientifica che ne hanno ipotizzato l’associazione con un aumentato rischio di sviluppare alcune malattie.
“In particolare, la terapia con gastroprotettori è stata associata – prosegue Zullo – con un aumentato rischio di eventi cardiovascolari, fratture ossee, infezioni polmonari, insufficienza renale e colite, con la sindrome di Alzheimer e lo sviluppo di tumori dello stomaco, del colon e del pancreas.
Ciò, ha creato comprensibile allarmismo non solo tra i pazienti, ma anche tra i medici di medicina generale, al punto che si è assistito ad un evidente decrescita della loro prescrizione, non raramente a scapito di pazienti che ne potevano beneficiare. In Italia infatti, già 10 anni fa il 30% dei soggetti che necessitavano di gastroprotezione non la ricevevano dal proprio medico di famiglia.“
Ma allora, i gastroprotettori sono angeli o demoni?
La risposta sembra essere arrivata da un recente studio internazionale* che ha rivisto i dati di milioni di pazienti, e che smentisce una relazione causale con ciascuna delle patologie considerate.
In conclusione, come tutti i farmaci ovviamente anche i gastroprotettori possono causare effetti collaterali, ma quando sono utilizzati correttamente, cioè con una indicazione appropriata, dosaggio adeguato e durata consigliata, i vantaggi superano di gran lunga i potenziali effetti indesiderati. Se così non fosse, non sarebbe stato possibile il loro utilizzo per oltre 30 anni in milioni di pazienti.
Resta aperto invece il problema della collaborazione del paziente alla terapia e dell’importanza di un corretto stile di vita, condannando in modo perentorio innanzitutto il fai da te nell’assunzione di medicinali.
L’elevata efficacia dei gastroprotettori nel risolvere i sintomi come il bruciore retrosternale e il dolore allo stomaco porta infatti molti pazienti a continuare la terapia in quanto è molto più facile prendere una pillola al giorno che dà benessere che cambiare cattive abitudini (caffè, alcol, fumo di sigaretta, ecc.) o ridurre il peso corporeo. E’ invece importante affidarsi al parere del medico in merito alla sospensione dell’assunzione di farmaci, al termine della terapia prescritta e impegnarsi verso stili di più sani. Si ricorda inoltre che l’obesità, in netto aumento a livello globale già in età pediatrica, è riconosciuta come fattore di rischio per lo sviluppo della malattia da reflusso gastro-esofageo.
Come sempre dunque, un corretto stile di vita, che parte dal quotidiano, si rivela un efficace deterrente per l’insorgenza di molte patologie secondarie o della loro recrudescenza e la collaborazione medico-paziente si rivela determinante.
* (Fonte: Salvo EM, Ferko NC, Cash SB, et al. Umbrella review of 42 systematic reviews with meta-analyses: the safety of proton pump inhibitors. Aliment Pharmacol Ther. 2021;00:1-15).
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