Home » Figlicidio e infanticidio: aspetti giuridici e psicopatologici

Negli ultimi 20 anni in Italia sono morti 480 bambini, 6 volte su 10 sono state le madri ad essere le carnefici, i figli maschi risultano essere le vittime prevalenti sia delle mamme che dei padri assassini. Come si spiegano questi delitti. Quali sono gli aspetti giuridici e psicopatologici ad essi collegati. Ne parliamo con la criminologa, psicologa forense più famosa d’Italia, Roberta Bruzzone.


FIGLICIDIO E INFANTICIDIO: LA TUTELA GIURIDICA DEGI FIGLI

Il figlicidio e l’infanticidio rientrano tra i reati penali gravi. La tutela giuridica della vita dei figli rappresenta un tema di estrema importanza e attualità. In epoche relativamente recenti, la legge ha garantito una maggiore protezione ai minori, in particolare nei confronti di atti di violenza che possono mettere a rischio la loro incolumità.

Sebbene la tematica dell‘infanticidio sia stata affrontata in passato, non sempre è stata trattata con la giusta attenzione. Oggi, ciò che ha suscitato un crescente interesse negli ultimi 30 anni è il tema del maltrattamento e degli abusi sessuali sui minori.

Tuttavia, è importante sottolineare che il figlicidio rappresenta un grave reato che viene punito in maniera molto severa dal codice penale. È fondamentale, dunque, comprendere quali sono le differenze tra l’infanticidio e il figlicidio.

QUAL’È LA DIFFERENZA TRA L’INFANTICIDIO E IL FIGLICIDIO?

L‘infanticidio riguarda la morte di un neonato subito dopo il parto. In questo caso, la madre può agire quasi in maniera impulsiva, senza considerare il nascituro come suo figlio, ma piuttosto come un elemento indesiderato.

D’altra parte, il figlicidio, inteso come l’omicidio di un bambino più grande di un anno d’età, viene punito in maniera ancora più severa. Si tratta infatti di un reato sancito dal codice penale e che comporta conseguenze penali molto gravi per chi lo commette.

È importante sottolineare che, in entrambi i casi, la legge prevede una netta distinzione tra infanticidio e figlicidio. Inoltre, le motivazioni e le conseguenze penali sono diverse a seconda del tipo di reato commesso.

INFANTICIDIO E FIGLICIDIO: DUE REATI PUNITI IN MANIERA DRASTICA

L’infanticidio e il figlicidio sono due tragici reati punibili in maniera molto più severa rispetto ad altri delitti. L’infanticidio si configura come l’uccisione del bambino immediatamente successiva alla nascita o il suo abbandono, decretandone di fatto la morte. Al contrario, il figlicidio è l’uccisione di un bambino più grande di un anno, avvenuta dopo aver instaurato una relazione affettiva.

Dal punto di vista psicologico, i due reati sono molto differenti. Nell’infanticidio, spesso assistiamo alla presenza di madri giovani e inesperte che non comprendono appieno ciò che sta succedendo al loro corpo. D’altra parte, nel figlicidio, ci sono donne che uccidono i loro figli in un epoca successiva, quando il bambino ha capito il mondo che gli circonda.

Nel codice penale italiano, entrambi i reati sono puniti in maniera molto severa, poiché presuppongono una relazione con la figura materna che si è instaurata in un’epoca chiaramente più ampia dell’arco di vita del piccolo. In altre parole, non possono essere ricondotte a problematiche di natura psicologica o situazionale come il parto legato al neonaticidio.

QUALI SONO LE MOTIVAZIONI CHE SPINGONO UNA MADRE A COMMETTERE QUESTI REATI?

Le donne che commettono questi reati presentano spinte diverse, che possono essere ricondotte a problematiche di natura cognitiva, problemi psicopatologici o psicologici. Ad esempio, donne con ritardi mentali o con problematiche psicotiche possono essere portate a compiere simili gesti tremendi.

Tuttavia, quelle che colpiscono dopo aver instaurato una relazione affettiva con il bambino mostrano tratti comuni di psicopatologia o disturbi mentali molto più seri.

L’Episodio di Martina Patti

L’episodio di Martina Patti, la donna che ha ucciso la figlia di 4 anni, Elena Tali Pozzo, è stato un evento tragico che ha scosso l’opinione pubblica. La madre, infatti, aveva inscenato un rapimento per coprire il crimine che aveva commesso.

È emerso infatti che la donna aveva organizzato tutto con estrema lucidità e premeditazione. Secondo l’inchiesta, aveva perfino già scavato la fossa, in un’epoca precedente al momento in cui incontra la figlia all’asilo.

Questo è uno scenario sovrapponibile alla cosiddetta “sindrome di Medea”, una condizione che porta alcune donne a uccidere i loro figli, verosimilmente sulla scorta di tratti di personalità disfunzionali. Tuttavia, è importante sottolineare che queste donne sono considerate pienamente imputabili, quindi capaci di intendere e di volere.

L’infanticidio e il figlicidio sono fenomeni purtroppo presenti nella nostra società, e in questi casi si tratta di crimini davvero efferati. È importante che la giustizia faccia il suo corso, ma allo stesso tempo dobbiamo chiederci come possiamo aiutare queste donne prima che commettano un atto così disperato.

Ci sono organizzazioni e associazioni che lavorano per prevenire questi tragici eventi, offrendo supporto psicologico e terapeutico alle donne che mostrano segnali di sofferenza o di difficoltà nella gestione della maternità. È importante fare tutto il possibile per evitare che si arrivi a casi come quello di Martina Patti, per la salvaguardia della vita dei bambini e delle loro mamme.

INFANTICIDIO E FIGLICIDIO: QUANDO LA VIOLENZA DI GENERE DIVENTA OMICIDIO

L’infanticidio e il figlicidio sono due dei crimini più atroci che possano essere commessi, poiché implicano l’omicidio di bambini innocenti. Nella maggior parte dei casi, questi delitti sono commessi da donne, a volte come vendetta contro il compagno o la nuova compagna dell’ex marito, altre volte per motivi di gelosia o disturbi psicologici.

Il caso della piccola Elena ha scosso profondamente l’opinione pubblica, non solo in Italia ma anche a livello internazionale. La madre, pienamente capace di intendere e di volere, ha deliberatamente accoltellato la figlialetta di soli 3 anni, per eliminare la sua gelosia nei confronti della nuova compagna del padre.

Questo tipo di fenomeno mette in evidenza il crescente tasso di disagio psicologico nella popolazione generale, con conseguente aumento della violenza domestica e della violenza di genere. Molte delle donne che commettono infanticidio o figlicidio hanno subito abusi e violenze da parte del compagno, che spesso le ha abbandonate o tradite.

Nonostante ciò, l’omicidio del proprio figlio rimane un gesto brutale e potenzialmente premeditato, che richiede una forte turba emotiva e psicologica. Spesso, i soggetti che commettono questi delitti fanno fatica a tollerare le frustrazioni e le difficoltà della vita quotidiana, e cercano di risolvere i propri problemi in modo violento e distruttivo.

In molti casi, la violenza di genere si trasforma in omicidio proprio perché la persona coinvolta non ha avuto accesso alle risorse adeguate per risolvere il proprio problema. La violenza domestica è ancora un tabù nella nostra società, e molte donne non si sentono in grado di chiedere aiuto o denunciare il proprio aggressore.

IN CHE MODO POSSIAMO PREVENIRE QUESTI REATI?

Per contrastare il fenomeno dell’infanticidio e del figlicidio, è necessario investire in prevenzione e sensibilizzazione. È importante fornire alle donne le risorse necessarie per affrontare situazioni di violenza e abuso, e per uscire dalla propria condizione di disagio e di isolamento.

Inoltre, è fondamentale sensibilizzare la società al problema della violenza domestica e della violenza di genere, per creare una cultura di rispetto e di sostegno per le donne che subiscono tali violenze. Solo così potremo prevenire il fenomeno dell’infanticidio e del figlicidio, e proteggere i bambini dalle conseguenze della violenza degli adulti.

QUAL’È IL RUOLO DEL CRIMINOLOGO?

Il ruolo del criminologo è fondamentale nella ricostruzione di un delitto, a partire dalla scena del crimine fino alla comprensione della psicologia del criminale. Il criminologo si occupa di analizzare le tracce e ricostruire la vicenda, valutare la testimonianza dei soggetti coinvolti e contribuire a leggere le condotte dei responsabili.

È un lavoro estremamente complesso, in quanto si occupa di casi delicati e difficili. Tutti i casi che arrivano all’attenzione del criminologo richiedono una grande capacità di analisi e comprensione, a partire dalle tracce lasciate sul luogo del delitto fino alla psicologia dei criminali coinvolti.

Il caso dell’omicidio di Serena Mollicone

Uno dei casi più complessi su cui il criminologo è stato chiamato a lavorare è stato quello dell’omicidio di Serena Mollicone. Un lavoro enorme che ha richiesto un’attenta analisi della scena del crimine e della psicologia dei responsabili. Il criminologo ha contribuito in modo fondamentale al processo, offrendo il proprio supporto agli avvocati e alla corte d’assise, nella lettura delle tracce e delle condotte dei soggetti coinvolti.

COME EVITARE CHE ACCADANO EPISODI SIMILI IN FUTURO?

Per evitare episodi simili in futuro, è fondamentale non sottovalutare i segnali di frustrazione e disagio che possono portare a reazioni estreme. Bisogna restare sempre attenti e prevenire situazioni di tensione, affrontandole con prudenza e responsabilità. Il ruolo del criminologo diventa quindi fondamentale per analizzare i segnali di pericolo e aiutare a prevenire questi episodi drammatici.

ESISTE DAVVERO LA SINDROME DELL’INFATICIDA?

In realtà non esiste una sindrome vera e propria, ma ci sono caratteristiche peculiari che accomunano chi commette il reato di infanticidio.

Tale delitto, infatti, è molto complesso e non può essere considerato un unico tipo di reato, ma piuttosto un insieme di azioni che hanno portato all’eliminazione del neonato. Spesso, infatti, dietro un infanticidio si celano diverse motivazioni, che vanno dalla depressione post-partum alla gelosia nei confronti del partner.

Un fenomeno che ci fa pensare alla famosa figura di Medea, la donna della mitologia greca che uccide i propri figli per vendetta, ma che purtroppo è ancora presente nella nostra società contemporanea.

QUALI SONO GLI ASPETTI GIURIDICI CHE ACCOMPAGNANO GLI INFANTICIDI?

Innanzitutto, va detto che il reato di omicidio del neonato è normalmente punito in maniera molto meno severa rispetto ad un omicidio di un adulto. Questo perché viene sempre preso in considerazione lo stato mentale della madre che ha commesso il delitto, che viene approfondito tramite una perizia psichiatrica al fine di valutare se la donna fosse effettivamente in grado di rendersi conto di ciò che stava facendo.

Inoltre, vengono considerati anche i motivi che hanno portato la madre a compiere tale gesto, tra cui la situazione economica, il rapporto col partner, lo stato di salute mentale, e così via.

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