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Epilessia in adolescenza: 1 ragazzo su 4 ha episodi depressivi legati alla sua condizione

In Italia sono 50 mila i ragazzi con Epilessia, il 10% del totale di chi soffre questa patologia. L’Epilessia ha un grosso impatto sulla vita sociale, scolastica e relazionale di un adolescente.

Un impatto nella realtà quotidiana e una vita emotiva e sociale spesso molto difficile. In Italia circa 50 mila ragazzi in età adolescenziale soffrono di Epilessia. Di questi il quasi il 20% hanno sintomi depressivi. Negli adolescenti la presenza di una malattia cronica come l’Epilessia ha un impatto enorme sulla vita e condiziona una delle fasi più delicate nella transizione dall’età infantile a quella adulta.

È quanto emerge e verrà discusso nel 44° Congresso Nazionale della Lega Italiana Contro l’Epilessia (LICE) in programma dal 9 all’11 giugno in modalità virtuale, e quest’anno dedicato al tema della Transition, cioè al passaggio programmato da un sistema di cure centrato sull’età pediatrica ad uno orientato sull’adulto.

Le Epilessie – ha spiegato Laura Tassi, presidente della LICE – sono patologie che nella maggioranza dei casi esordiscono in età infantile o in quella adolescenziale. Quando colpisce gli adolescenti, impatta in una fase estremamente delicata della crescita personale, portando un grande cambiamento in una fascia d’età proiettata verso un futuro visto senza limiti. Il dover seguire una terapia farmacologica costante, rispettare gli orari e non poter aver accesso a tutte le attività a cui possono far riferimento i coetanei, può avere conseguenze anche di entità significativa. Gli adolescenti faticano ad accettare di avere una malattia cronica”.

L’Epilessia è una patologia cronica caratterizzata non solo da crisi ricorrenti che possono cambiare nel corso del tempo, ma anche, nei casi più gravi e farmacoresistenti, da alterazione del comportamento, difficoltà scolastiche e sociali. Secondo le principali evidenze scientifiche, infatti, i ragazzi con Epilessia presentano più frequentemente disturbi dell’umore o del comportamento rispetto alla popolazione generale. Possono avere disturbi dell’apprendimento, difficoltà negli studi e nel trovare lavoro, ma anche difficoltà relative all’autonomia, all’immagine corporea, al gruppo dei pari, all’autostima e all’identità.

Immaginando di fotografare gli adolescenti con Epilessia che si apprestano a diventare adulti è possibile riscontrare Epilessie che, esordite in epoca infantile proseguono in età adulta, Epilessie che si risolvono in età adolescenziale, Epilessie che esordiscono in età adolescenziale e proseguono in età adulta ed Epilessie che occorrono e si esauriscono all’interno dell’età adolescenziale.

Molti adolescenti e giovani adulti con patologie che limitano le abilità funzionali e compromettono la vita emotiva e sociale, sperimentano difficoltà transizionali al passaggio dalle cure pediatriche a quelle dell’adulto. L’Epilessia può avere gravi effetti sullo sviluppo degli adolescenti, che si confrontano con importanti problematiche sociali nella vita adulta. L’esigenza di continuità delle cure durante la transizione dalla pediatria ai servizi per adulti, è particolarmente importante per i giovani che attraversano la trasformazione fisica e mentale dall’adolescenza all’età adulta. Una buona gestione di questo periodo di transizione è fondamentale per sviluppare e mantenere l’autostima e la fiducia dell’adolescente con Epilessia.

Si delinea quindi la necessità di prevedere un possibile modello di passaggio di cura dall’età evolutiva all’età adulta, modello che tenga conto della numerosità e della complessità delle problematiche connesse all’adolescenza. Tale processo, che gli epilettologi definiscono Transition, è il momento in cui si prepara il ragazzo e la famiglia ad utilizzare appropriatamente i Servizi per adulti e si traseettono le informazioni mediche, sociali, psicologiche e cognitive dal neuropsichiatra infantile all’epilettologo dell’adulto.

Il primo passo – spiega Laura Tassi – è quello di identificare i professionisti in grado di prendersi cura di questi pazienti così particolari. Successivamente dobbiamo ottenere il coinvolgimento personale dei ragazzi. Infine va creata la stretta comunicazione fra gli specialisti dell’età pediatrica e dell’età adulta. Il piano di intervento deve essere uno strumento operativo, integrato e sinergico, concepito in una logica di rete in grado di favorire coloro che, a causa della malattia, vivono situazioni particolarmente complesse come solitudine, emarginazione, limitazioni generate dalla persistenza delle crisi. Un piano finalizzato a garantire continuità di risposta ai bisogni dei soggetti a rischio di emarginazione nel mondo sociale, relazionale e della scuola. L’impegno di LICE è facilitare la disseminazione e la sinergia dei processi”.

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