Le principali motivazioni di accesso in Pronto Soccorso per diabete sono ipoglicemia (20-56%), iperglicemia (16-45%), chetoacidosi (11-32%) e piede diabetico (0-15%). Indagine dell’istituto di ricerca Bhave.
ACCESSI AL PRONTO SOCCORSO PER DIABETE
“Le principali motivazioni di accesso in pronto soccorso per diabete sono ipoglicemia (20-56%), iperglicemia (16-45%), chetoacidosi (11-32%) e piede diabetico (0-15%)“. I dati emergono da una ricerca condotta dall’istituto di ricerca Bhave, che ha effettuato un’analisi degli accessi al Pronto Soccorso relativi al diabete su scala nazionale, con l’obiettivo di effettuare una valutazione dal punto di vista organizzativo e dei percorsi di presa in carico, evidenziando al tempo stesso eventuali criticità.
Ad essere presi in considerazione sono stati 290mila accessi rilevati su 109 strutture di emergenza sul territorio. Nel campione sono rappresentate tutte le fasce di età, con maggiore prevalenza della fascia centrale 19-49 anni per il diabete tipo 1 (63-74%) e della fascia 50-64 anni (35-44%) per il diabete tipo 2.
I risultati sono stati presentati in occasione dell’incontro dal titolo “Diabete in pronto soccorso: e dopo?“, promosso dalla rivista di politica sanitaria “Italian Health Policy Brief” – IHPB (edita da ALTIS). L’evento si è svolto in Senato, presso la Sala Caduti di Nassirya. “Insulina ed ipoglicemizzanti orali tradizionali sono le tipologie di farmaci maggiormente utilizzati dal paziente prima dell’arrivo in pronto soccorso – emerge ancora dalla ricerca – Le percentuali di utilizzo dei nuovi ipoglicemizzanti orali, dei GLP- 1 e degli SGLT-2 sono bassissime“. Questo, secondo gli esperti, può essere un indicatore indiretto della ‘ripetitività’ prescrittiva dei medici di medicina generale, oppure dello “scarso aggiornamento degli stessi in materia, oppure ancora della reticenza del paziente a cambiare tipologia di farmaco assunto“.
Un dispositivo di monitoraggio continuo della glicemia, intanto, è utilizzato “solo dal 50% circa dei pazienti“, un altro dato indice della “necessità” di formazione/aggiornamento della medicina di territorio per indirizzare i pazienti verso l’impiego di strumenti “capaci di rilevare le oscillazioni dei valori in qualsiasi momento e ridurre così il rischio di eventi acuti e complicanze croniche“. In merito alle informazioni relative alle dimissioni dall’ospedale, sempre dallo studio Bhave emerge che “negli accessi per ipoglicemia e per iperglicemia i pazienti vengono inviati alla dimissione al centro antidiabetico; solo per la chetoacidosi è previsto anche il ricovero“.
INDICAZIONI
Da qui, alcune indicazioni: “Bisogna realizzare un network efficace ed efficiente tra territorio, rete di assistenza e paziente diabetico – hanno fatto sapere gli esperti – con l’obiettivo di prevenire le complicanze croniche dei malati migliorandone lo stato di salute, riducendo i costi in capo al Servizio sanitario nazionale e liberando le strutture di pronto soccorso dai casi non urgenti ed evitabili“.
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