Medici, giornalisti rappresentanti delle istituzioni, del mondo religioso e delle Forze Armate a confronto sugli effetti della pandemia. Logica emotiva, passione e dedizione come proposta e “vaccino” dell’anima per un nuovo approccio alla politica, alla comunicazione e alla società
20 Marzo 2021
Occorre una rilettura dei parametri consuetudinari, un cambiamento che deve essere anche etico-morale, dinanzi a una domanda di salute e di vita che punta alla centralità della persona. Un nuovo modo di fare salute dinanzi alle “relazioni ferite” che abbiamo osservato in quest’anno vissuto in una condizione di sospensione. Dalle certezze all’impotenza, alla precarietà, al dubbio delle decisioni con risvolti di medicina ed etica dinanzi al tema della responsabilità del singolo. Non tutto quello che è possibile è lecito ed è questo il ritorno del limite nel rapporto tra medicina, etica della salute universale e morale. Emerge forte il concetto di equità nel mondo sanitario e dei servizi a misura del bisogno espresso. Dalla pandemia dovrà uscire un mondo diverso. Ogni aspetto della nostra vita è stato toccato e adesso deve partire una ricostruzione. Non solo l’aspetto sanitario, pure primario, deve essere coinvolto: vi è l’elemento economico, sconvolto in quasi ogni settore; ma anche la politica, la comunicazione e la stessa scienza devono ripensarsi. In breve, da questa esperienza deve partire una nuova dimensione etica.
Su questo si è tenuto il webinar “Approcci innovativi tra etica e morale al tempo della pandemia. Confronto medico scientifico e riflessioni sul diritto alla cura per la vita”, organizzato con il contributo non condizionante di Gilead Sciences, con la partecipazione esponenti religiosi, parlamentari, clinici, specialisti, moderati dai giornalisti scientifici Daniel Della Seta e Luca Borghi. Sono intervenuti il Direttore dell’Ufficio Nazionale per la Pastorale della Salute della CEI, Don Massimo Angelelli, il Rabbino Capo di Roma Riccardo Di Segni, il Prof. Francesco Saverio Mennini – docente di Economia Sanitaria, EEHTA CEIS, il Segretario Nazionale Federfarma Roberto Tobia, il Contrammiraglio Fabio Agostini – Comandante dell’Operazione EUNAVFOR MED IRINI, la Dott.ssa Maryam Monazam – Imprenditrice. La tavola rotonda scientifica è stata animata dal Prof. Massimo Andreoni – Direttore Scientifico SIMIT, dal Prof. Claudio Cricelli – Presidente SIMG, dal Prof. Gianni Amunni – Responsabile Rete Oncologica Toscana, dal Prof. Alberto Pilotto – Presidente SIGOT, dal Direttore Sanità e Igiene dello Stato della Città del Vaticano Prof. Andrea Arcangeli. Il workshop “La comunicazione scientifica tra competenza e cronaca nell’emergenza” ha posto un confronto costruttivo sul tema tra giornalisti e clinici con la partecipazione al dibattito di Maria Emilia Bonaccorso – Caporedattore Ansa Salute, Piero Damosso – Caporedattore centrale Tg1 e Unomattina, Michele Mirabella – Giornalista, divulgatore scientifico e conduttore di “Elisir”. Le conclusioni sono state affidate alla Senatrice Paola Binetti, 12a Commissione Sanità Senato della Repubblica.
“In questo anno abbiamo stabilito un filo diretto tra Scienza e Politica – ha sottolineato la Sen. Paola Binetti – L’elemento dominante è stato l’algoritmo, in parte riconducibile a interlocutori facilmente identificabili, in parte oggetto quasi misterioso. Da qui deve partire una riflessione per rinnovarci, che riguardi sia il fare politica, che un nuovo modo di fare comunicazione, che sia basato su un background culturale specifico da declinare nelle situazioni concrete che si possano presentare. Comunicazione, politica, scienza devono supportarsi vicendevolmente in un processo virtuoso”.
LE RIFLESSIONI DEL MONDO CATTOLICO E DEL MONDO EBRAICO
“L’auspicio è che i fondi che verranno stanziati nel prossimo periodo per rivedere il Servizio Sanitario Nazionale e la sua presenza sul territorio siano destinati a cambiamenti strutturali che non perdano di vista i territori marginali, sia dal punto di vista geografico che sociale – ha commentato don Massimo Angelelli – L’esperienza della pandemia ha inciso profondamente sul tessuto organizzativo e gestionale delle strutture sanitarie ma anche nel modo di fare medicina, di fare salute, di prendere in carico le persone. Le relazioni sono la parte più ferita della pandemia, tra coloro che erano dentro e fuori la terapia intensiva, fino a riguardare coloro che hanno accompagnato i loro cari alla soglia del pronto soccorso e non hanno potuto più salutarli visto che hanno ricevuto via telefono la notizia dei decessi. Sono relazioni ferite che chiedono dei ristori, con i quali non intendo soltanto quelli economici, ma azioni di cura della società italiana per farsi carico di queste ferite verso una completa guarigione”.
“Anche la Città del Vaticano si è confrontata con la prima e seconda ondata del virus – ha dichiarato il Prof. Andrea Arcangeli – Ora stiamo portando a termine la campagna vaccinale, senza per questo abbassare la guardia. Ciò che abbiamo vissuto e stiamo vivendo, come uomini e medici, pone la necessità inderogabile di rimettere al centro la medicina territoriale. La continuità assistenziale posta in essere dai medici di medicina generale non può essere ancora depauperata. Il diritto alla cura per la vita passa necessariamente da questo snodo fondamentale”.
“Siamo stati improvvisamente gettati nella coscienza della nostra parziale impotenza – ha affermato Rav Riccardo Di Segni – Eravamo abituati che si potesse curare tutto o quasi tutto, e che con la tecnologia potessimo superare i problemi. La pandemia ci ha rimesso nella situazione di dover pensare che abbiamo dei limiti. Tuttavia, non solo abbiamo dei limiti, ma anche delle enormi potenzialità. Con la pandemia è successo che a differenza di altre malattie per le quali non è stata ancora trovata una cura o un vaccino, in capo a pochi mesi un vaccino è stato reso disponibile. Rispetto a queste situazioni abbiamo un quadro già prefigurato nel Libro dei Salmi: l’uomo piccolo ma poco inferiore a Dio, cioè grandezza e miseria dell’uomo. Sono concetti ai quali non si pensa normalmente e la pandemia ha portato molto a farci pensare su questo”.
GLI EFFETTI E LE REAZIONI ALLA PANDEMIA DELLE FORZE ARMATE
“Il Covid ha influito molto sulla difesa e condizionato il personale militare impegnato nelle operazioni di controllo del bacino del Mediterraneo – ha spiegato il Contrammiraglio Fabio Agostini – L’impatto più diretto ha implicato la necessità di minimizzare il rischio di diffusione del virus, provocando spesso interruzioni delle operazioni di contrasto del traffico di armi ed esseri umani e un allentamento dei controlli sul territorio internazionale. Questo è stato alla base di riduzioni delle attività di consulenza e addestramento e ha dato un vantaggio ad attività illecite e terroristiche. Un discorso a parte meritano le operazioni navali, dove un solo caso può determinare un focolaio incontenibile e a un decadimento delle attività. La limitata possibilità di controllo delle forze di polizia ha poi avuto anche un impatto indiretto sui flussi di migranti, aumentati nel 2020 per il ridotto controllo delle forze armate e per il minore controllo delle autorità libiche. Gli effetti negativi, sia a breve che a lungo termine, rischiano dunque di essere diversi, da una riduzione delle capacità di addestramento alle ripercussioni della crisi economica che si riscontreranno anche nel nostro ambito”.
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