Home » Covid e obesità: 30% di interventi di chirurgia bariatrica in meno. Strutturare percorsi complementari per evitare l’aggravarsi della malattia
Diego Foschi Presidente SICOB: combattere lo stigma pregiudizievole verso i pazienti con obesità che troppo spesso sono curati quando hanno già sviluppato le complicanze
I punti principali dei percorsi di sostegno sono dieta, psicoterapia ed esercizio fisico. Ma si parlerà anche del supporto che può venire dalla telemedicina e del ruolo dei social. Ampio spazio sarà dato alle nuove tecniche chirurgiche e ai nuovi percorsi terapeutici sempre meno invasivi, ai farmaci che aiutano a perdere peso e al ruolo della chirurgia bariatrica nella prevenzione delle neoplasie.

Roma, 21 Dicembre 2020

Fino a poco prima dell’emergenza Coronavirus, ogni anno si eseguivano in Italia circa 25.000 interventi di chirurgia bariatrica a fronte di 250.000 richieste. Gli italiani in sovrappeso infatti sono 25 milioni e i portatori di obesità almeno 6 milioni, un dato in crescita costante. Ma, dall’inizio della pandemia, gli interventi sono calati in media del 28%-30%, con punte del 50% in alcuni casi. Pertanto, in attesa della piena ripresa dell’attività chirurgica, occorre strutturare e rafforzare percorsi complementari che sostengano il paziente bariatrico”. Così Diego Foschi, Presidente della SICOB, Società italiana di Chirurgia dell’Obesità e delle Malattie Metaboliche al XXVIII Congresso Nazionale che quest’anno si svolge in versione digitale il 21 e il 22 dicembre. Il Congresso, alla cui inaugurazione ha partecipato anche il Viceministro della Salute On. Pierpaolo Sileri, è presieduto da Maria Grazia Carbonelli – Dir. U. O. Dietologia e Nutrizione Clinica A. O.  S. Camillo Forlanini Roma, Paolo Gentileschi  – Direttore U.O.C. Chirurgia Bariatrica e Metabolica Ospedale S. Carlo di Nancy Roma, Alessandro Giovanelli  – Dir. Ist. Nazionale per la Cura dell’Obesità (INCO) presso Ist. Clinico Sant’Ambrogio di Milano e l’IRCCS Policlinico San Donato, e Fausta Micanti, Dirigente Medico Univ. Federico II di Napoli.

Numerosi i temi affrontati in due giorni di intense sessioni online: tra questi il problema del pesante stigma nei confronti dei soggetti con obesità per cui chi ha un peso patologico non solo viene ritenuto pregiudizievolmente responsabile della sua condizione, ma viene curato solo quando sviluppa le complicanze dell’obesità. Altro tema in evidenza è l’impatto dell’isolamento sulla psiche del paziente bariatrico ma anche le componenti del percorso virtuoso da fargli seguire in attesa di riprendere gli interventi, come la dieta mediterranea che grazie all’apporto di vitamine, sali minerali e Omega 3 che rinforzano il sistema immunitario si candida ad essere una perfetta dieta anti-covid. Ampio spazio è dato ai vantaggi della telemedicina, ai nuovi percorsi terapeutici sempre meno invasivi e ai farmaci che aiutano a perdere peso. Fondamentale è anche il tema del ruolo della chirurgia bariatrica nella prevenzione delle neoplasie e quello dei social grazie alla creazione di gruppi di sostegno

Centrale, però, resta il problema della diminuzione drastica degli interventi di chirurgia bariatrica dall’inizio dell’emergenza Covid. Infatti da un censimento effettuato presso 48  centri SICOB su 74  è emerso che nel 2020 gli interventi sono stati 4727 con una riduzione di 2.286 rispetto al  2019 ( pari al 28%), con un tasso di positività al Covid bassissimo (0.38%)  e un tasso  di complicanze dell’1.2%. Ciò nonostante, gli interventi continuano a diminuire perché in questo momento di emergenza l’organizzazione sanitaria non può garantire l’assistenza chirurgica ai pazienti bariatrici.  Se consideriamo, però, che secondo il Ministero della Salute il 44% dei casi di diabete tipo 2, il 23% dei casi di cardiopatia ischemica e fino al 41% di alcuni tumori sono attribuibili all’obesità e al sovrappeso, emerge con chiarezza che, se si combatte o si previene l’obesità, automaticamente si favorisce la prevenzione di altre patologie gravi e spesso letali. Inoltre, la cronaca e gli studi condotti in tutto il mondo rilevano che i soggetti con obesità sono ricoverati per Covid molto più dei pazienti “normopeso”: essere obesi comporta un significativo aumento del rischio di ammalarsi di COVID-19 in forma grave. Questo fatto è ormai universalmente accettato, tanto che l’algoritmo di calcolo del rischio COVID elaborato e pubblicato sul British Medical Journal[1] dal gruppo di lavoro inglese coordinato dall’Università di Oxford include il BMI (Body Mass Index, indice di massa corporea)[2] come variabile direttamente correlata: più alto il BMI, più alto il rischio COVID.  E se a questo aggiungiamo che la metà dei ricoverati nelle rianimazioni è iperteso, diabetico e cardiopatico e che con l’età avanzata questa congiuntura è altamente mortale, diventa chiaro anche che il paziente che soffre di obesità va incluso nei programmi di prevenzione Covid riservati alle categorie più fragili e ad alto rischio.

Alla luce di tutte queste evidenze – afferma Diego Foschi, Presidente SICOB –  lottare contro l’obesità e prevenirne le conseguenze più gravi diventa non solo un dovere ma un obbligo morale. Per questo noi chirurghi siamo impegnati a combattere lo stigma fortemente radicato nei confronti dei pazienti con obesità, perché si eliminino i pregiudizi che portano a colpevolizzarli e, purtroppo, in alcuni casi a curarli solo quando già sono sopravvenute le complicanze. Questo, a nostro avviso, è un evidente corto circuito irrisolto del SSN che, ritardando le terapie verso i pazienti bariatrici, va esso stesso incontro a costi di gestione molto più impattanti. Infatti una cosa è intervenire sul paziente che non abbia ancora sviluppato le comorbidità associate all’obesità, altro è ricoverarlo in condizioni aggravate che, agendo prima, potevano essere sicuramente evitate. Ovviamente – continua – in questo momento siamo ben consapevoli del fatto che non si può ricorrere alla chirurgia, ma proprio per questo dobbiamo strutturare piani di sostegno integrativi per i pazienti, perchè se non mettiamo in piedi una risposta realistica sul piano sanitario i problemi ci ricadranno addosso amplificati.  Siamo altresì consapevoli che anche se potenziamo tutte le risorse complementari, queste non potranno mai sostituirsi alla chirurgia, anche se in questo momento potranno sicuramente limitare i danni. Per questo motivo, ancora più determinante diventa il ruolo di tutti gli specialisti coinvolti nella cura del paziente bariatrico che, potenziando la “rete” di sostegno intorno a lui, possono aiutarlo a rafforzare la sua capacità di gestione personale. In questo senso può venirci incontro la telemedicina, grazie alla quale è possibile incrementare le sedute a distanza con psicoterapeuti, endocrinologi e nutrizionisti. I due pilastri di questo percorso, infatti, sono l’attività fisica e la dieta mediterranea, che protegge anche dalle infezioni e che per questo potrebbe rivelarsi una perfetta dieta anti-covid. Abbiamo anche realizzato un vademecum che, associato alle consulenze specialistiche, deve essere una vera e propria guida che aiuti il paziente ad essere costante. Anche i social networks possono aiutarci: non solo con il “filo diretto” tra pazienti e specialisti delle società scientifiche presenti sulle piattaforme, ma anche grazie alla creazione di gruppi di supporto tra chi lotta contro il proprio peso. Ma in ogni caso- conclude – la strada da percorrere è ancora lunga e tutti noi siamo impegnati a far sentire la nostra voce per quando l’emergenza finirà e il SSN potrà nuovamente dare alla chirurgia bariatrica l’attenzione di cui ha bisogno”.


[1] BMJ 371: m3731, 2020

[2] Il Body Mass Index è un valore assoluto che si ottiene dividendo il peso in Kg per la seconda potenza dell’altezza espressa in metri. Esso è correlato in genere all’ampiezza dei depositi adiposi ed è indice di obesità se superiore a 30 e di obesità grave se superiore a 35.


Nella foto: Diego Foschi

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