Dal progetto di medicina narrativa “Narrarsi ai tempi del Covid-19”, realizzata da Fondazione Istud in collaborazione con Chiesi Italia, le voci di pazienti, medici e caregiver in un anno di pandemia tra paura, resilienza e connessioni digitali
Parma, 29 Aprile 2021
Un “assassino” e un “mostro insidioso che mangia i polmoni”: è così che i pazienti affetti da broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO) – malattia polmonare che rende difficile la respirazione di cui soffrono 3 milioni di italiani e terza causa di morte al mondo1 – hanno descritto il Covid-19 e la situazione di pericolo vissuta in questi mesi, legata al timore di contrarre un virus che ha come bersaglio proprio i polmoni. A rivelarlo è la ricerca di Medicina narrativa “Narrarsi ai tempi del Covid-19”, realizzata da Fondazione Istud in collaborazione con Chiesi Italia, la filiale italiana del Gruppo Chiesi, per comprendere i vissuti delle persone affette da BPCO, dei familiari e dei professionisti sanitari (pneumologi e medici di medicina generale) in tempi di pandemia, e approfondire l’impatto del Covid-19 sulla quotidianità e sull’organizzazione del percorso di cura.
La Ricerca ha visto la partecipazione di professionisti afferenti alle società scientifiche impegnate nel campo della pneumologia (AIPO, SIP) e della medicina generale (SIMG, FIMMG), ed è stata sostenuta dalle Associazioni di persone con malattie respiratorie croniche (Associazione Italiana Pazienti BPCO Onlus, FederAsma e Allergie ODV).
Dalle 146 narrazioni raccolte tra luglio e dicembre 2020, affiora il racconto di una dimensione dell’orrore, ben più grave delle metafore belliche utilizzate dai media. Per il 60% dei pazienti e il 100% dei caregiver, la paura è l’emozione in assoluto più citata, per le possibili ripercussioni del Covid-19 sulla capacità respiratoria, già provata dalla malattia cronica di base. Terrore e apprensione sono state le emozioni più frequenti anche per il 45% dei professionisti sanitari durante il primo lockdown, soprattutto per il timore di contagiare i propri cari. La casa, infatti, non viene evocata come un luogo di protezione, ma come un “serbatoio di ansia”, un luogo freddo senza abbracci, dove si continua a disinfettare.
“La prevalenza del Covid-19 nelle persone con BPCO è stata inferiore a quanto ci si potesse aspettare per una patologia che colpisce il 6-8% della popolazione. Tuttavia, per il paziente con BPCO grave colpito dal Covid-19, l’infezione ha rappresentato un fattore prognostico sfavorevole – spiega Stefano Centanni, Professore Ordinario di Malattie dell’Apparato Respiratorio, Università di Milano. “Distanziamento e utilizzo della mascherina hanno protetto i pazienti dalle infezioni virali più comuni, inclusa l’influenza, riducendo le riacutizzazioni gravi di BPCO che comportano l’ospedalizzazione”.
“Chi soffre di BPCO sperimenta sulla propria pelle cosa significa rimanere senza respiro, ed è quindi naturale che abbia vissuto stati d’animo di paura e apprensione, insieme a un malessere psicologico generale causato dalla solitudine, dal non poter incontrare figli e nipoti, dall’impossibilità a svolgere anche le attività più banali come andare a fare la spesa – commenta Sandra Frateiacci, delegata ai rapporti istituzionali, FederAsma e Allergie Onlus. Accoglienza, rassicurazione e corretta informazione possono dare un supporto concreto per migliorare la vita di questi pazienti”.
Sul fronte della presa in carico, circa il 60% degli pneumologi e dei medici di medicina generale ha sperimentato la telemedicina, testimoniando la forte tensione nel cercare di non interrompere la relazione con il paziente nonostante la situazione emergenziale. Soltanto il 15% dei pazienti ha dichiarato di non essere stato in grado di accedere alle visite né in presenza, né da remoto.
“La pandemia ha accentuato alcune criticità che riguardano la presa in carico dei pazienti con malattie respiratorie croniche e acceso i riflettori sull’importanza delle cure primarie per semplificare il percorso di cura. La medicina territoriale necessita di essere potenziata per facilitare l’accesso alle terapie e promuovere un maggior utilizzo delle tecnologie digitali, anche per l’assistenza dei pazienti fragili a domicilio” – dichiara Salvatore D’Antonio, Presidente Associazione Italiana Pazienti BPCO Onlus.
“L’esperienza di scrittura condivisa ha dato la possibilità di confrontarsi con le proprie emozioni, di uscire dall’isolamento ed aprirsi a una nuova progettualità. 1 persona su 2 è riuscita a superare la crisi trovando un senso nel qui e ora, rendendolo produttivo, o proiettandosi nel futuro, ad esempio al momento dell’incontro con i propri cari. Anche il rapporto con i medici, favorito dalle tecnologie digitali, ha aiutato i pazienti a sentirsi più sereni nella quotidianità – spiega Maria Giulia Marini, Direttore dell’Innovazione Area Sanità e Salute ISTUD. La medicina narrativa può aiutare a costruire una memoria collettiva da cui ripartire, per non vanificare gli sforzi messi in atto da tutti gli attori in oltre un anno di pandemia”.
“Siamo entusiasti di aver contribuito alla realizzazione di questo progetto che si inserisce in un filone di Medicina narrativa che Chiesi Italia ha sposato da anni per comprendere più a fondo i vissuti dei pazienti con BPCO, le paure e le limitazioni che la malattia impone sulla vita delle persone e dei loro familiari, senza dubbio amplificati dal particolare momento storico che stiamo vivendo – dichiara Laura Franzini, Direttore Medico di Chiesi Italia. In linea con i valori di azienda certificata B Corp, il nostro impegno nella ricerca scientifica parte dall’ascolto costante dei bisogni delle persone e dei medici che li hanno in cura, per offrire soluzioni terapeutiche efficaci e stimolare l’adozione di modalità di assistenza ai pazienti innovative, al passo con la tecnologia e al tempo stesso profondamente umane”.
Chiesi Italia
Chiesi Italia, la filiale italiana del Gruppo Chiesi, rivolge il suo impegno alle attività di informazione medico scientifica e commercializzazione dei prodotti Chiesi sul territorio italiano. L’organico comprende 571 persone, di queste 121 nella sede di Parma e 450 che rivolgono la propria attività agli attori del sistema sanitario nazionale. Per maggiori informazioni, vi invitiamo a visitare il sito www.chiesi.it.
Il Gruppo Chiesi
Con sede a Parma, in Italia, Chiesi è un gruppo internazionale orientato alla ricerca con oltre 85 anni di esperienza, presente in 30 Paesi, impiega oltre 6.000 persone (Gruppo Chiesi). Per realizzare la propria missione di migliorare la qualità di vita delle persone agendo in maniera responsabile verso la società e l’ambiente, il Gruppo ricerca, sviluppa e commercializza farmaci innovativi in tre aree terapeutiche: AIR (prodotti e servizi in ambito respiratorio, dai neonati agli adulti), RARE (soluzioni innovative e servizi personalizzati per migliorare la qualità di vita dei pazienti con malattie rare e ultra-rare) e CARE (prodotti e servizi a supporto delle cure specialistiche e per la cura e il benessere della persona). La Ricerca e Sviluppo del Gruppo ha sede a Parma e si integra con altri sei importanti centri di ricerca in Francia, Stati Uniti, Canada, Cina, Regno Unito e Svezia, per promuovere i propri programmi preclinici, clinici e regolatori. Chiesi è dal 2019 il più grande gruppo farmaceutico al mondo certificato B Corp. Chiesi Farmaceutici S.p.A. ha, inoltre, modificato nel 2018 il proprio status legale in Società Benefit, concretizzando la volontà di avere un duplice scopo per la creazione di valore condiviso, ovvero generare valore sia per il proprio business che per la società e l’ambiente. Il percorso di certificazione B Corp permette a Chiesi di misurare, secondo standard rigorosi, le proprie performance ambientali e sociali, adottando un piano di miglioramento continuo dei propri impatti su dipendenti, clienti, fornitori, comunità e ambiente. Il movimento globale delle B Corp vede il business come una forza di impatto positivo. Inoltre, in qualità di Società Benefit, Chiesi Farmaceutici S.p.A. è tenuta per legge ad inserire nel proprio statuto obiettivi di beneficio comune e a rendicontare annualmente in maniera trasparente. Il Gruppo si è assunto l’impegno di raggiungere la neutralità carbonica entro la fine del 2035.
Per ulteriori informazioni: www.chiesi.com
La Fondazione ISTUD
La Fondazione ISTUD è una Scuola di Management indipendente accreditata dal MIUR che opera nel campo della formazione manageriale, della ricerca, della Sanità, fondata nel 1970 per iniziativa di Assolombarda e di un gruppo di grandi aziende italiane e multinazionali.
In 50 anni di storia oltre sessantamila manager e professionisti hanno partecipato ad attività di formazione al suo interno, insieme a più di 3.000 giovani che hanno frequentato i suoi Master Post Laurea. Ad oggi la sua Faculty conta circa centocinquanta ricercatori, docenti, consulenti di management.
Le aree di attività della Fondazione ISTUD spaziano dalla formazione degli executive agli interventi di sviluppo organizzativo progettati ad hoc per specifiche imprese. Dai progetti di sviluppo in ambito internazionale attraverso partnership con soggetti istituzionali, ai Master post laurea che forniscono al mondo del lavoro del personale giovanile ad alta qualificazione e motivazione, capace di entrare rapidamente nei processi aziendali.
L’Area Sanità e Salute
L’Area Sanità e Salute di Fondazione ISTUD, nata nel 2002, progetta e realizza attività di ricerca sociale e sanitaria, formazione e consulenza volte a migliorare l’offerta di cura attraverso lo sviluppo del singolo professionista, dell’équipe di cura e dell’organizzazione di appartenenza.
L’Area è impegnata a comprendere – partendo dai bisogni dei pazienti, dei familiari e dei professionisti sanitari – quali sono le dinamiche organizzative delle aziende operanti nel settore socio-sanitario, al fine di contribuire allo sviluppo di un management attento alla sostenibilità e orientato a dare risposte efficaci ai bisogni di cura e di benessere delle persone.
L’Area Sanità è stata riconosciuta nel 2016 dall’Organizzazione Mondiale della Salute come centro esperto sulla Ricerca Narrativa in Sanità per migliorare la qualità delle cure: l’Area Sanità di Fondazione ISTUD è il centro che in Italia vanta la più numerosa collezione di pubblicazioni scientifiche sulla medicina narrativa. L’Area Sanità fa parte del direttivo della SIMEN, Società Italiana di Medicina Narrativa e ha fondato EUNAMES, la European Narrative Medicine Society.
Il suo Master in Medicina Narrativa Applicata, progettato nel 2012, è giunto alla XI edizione ed è il primo Master Italiano dedicato all’applicazione della medicina narrativa nel contesto di cura e ricerca.
Bibliografia
1 Global Initiative for Chronic Obstructive Lung Disease (GOLD). Strategia Globale per la Diagnosi, il Trattamento e la Prevenzione della BPCO, Report 2021. Consultabile su: https://goldcopd.org/2021-gold-reports/
La BPCO in pillole
La Broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO) è una malattia polmonare progressiva (tende a peggiorare nel tempo), non completamente reversibile, caratterizzata da un’ostruzione cronica delle vie aeree che interferisce con la normale respirazione [1].
La cronica limitazione al flusso aereo, caratteristica della BPCO, è causata in parte dalle alterazioni a carico delle piccole vie aeree (es. bronchiolite ostruttiva) e in parte dalla distruzione parenchimale (enfisema). A causa dei cambiamenti strutturali e del restringimento delle piccole vie aeree provocato dall’infiammazione cronica, gli alveoli pieni di aria non riescono a svuotarsi e l’aria resta intrappolata. I muscoli respiratori, cercando di espellere l’aria, diventano meno efficienti e la respirazione diventa più difficile [2].
Fattori di rischio
Il fumo di tabacco rappresenta il principale fattore di rischio. Circa l’80-90% dei soggetti con diagnosi di BPCO è rappresentato da fumatori di lungo termine [3]. Altri fattori di rischio comprendono l’esposizione all’inquinamento ambientale interno e esterno (utilizzo di combustibili biologici domestici per cucinare o riscaldarsi), l’esposizione professionale a polveri organiche e inorganiche, agenti chimici e fumi; familiarità per BPCO e/o altri fattori legati all’infanzia (ad es. basso peso alla nascita, infezioni respiratorie nell’infanzia). In alcuni casi è conseguenza di altre malattie respiratorie quali asma bronchiale, iperreattività bronchiale, bronchite cronica e infezioni [1].
Sintomi
I sintomi tipici della BPCO sono: dispnea, cioè la sensazione di “fame d’aria” o affanno; tosse, anche improduttiva (secca), che nel tempo può presentarsi quotidianamente; produzione di espettorato estremamente denso che viene emesso durante gli accessi di tosse; respiro sibilante e costrizione toracica [2].
I sintomi possono manifestarsi in forma evidente a partire dai 40-50 anni [1], e tendono ad evolvere con la progressione della malattia, sia in termini di frequenza che di intensità. La tosse e l’espettorazione si avvertono principalmente al risveglio, a causa del ristagno di catarro nelle vie aeree. La dispnea inizialmente si manifesta solo sotto forte sforzo, tuttavia, col tempo, il paziente può avvertirla anche in caso di sforzi più ridotti, fino ad accusare l’affanno anche a riposo.
Non esiste una cura della malattia che porti alla guarigione definitiva, ma un’adeguata terapia permette al paziente di controllare i sintomi e prevenirne il peggioramento repentino (riacutizzazioni o esacerbazioni), consentendo di mantenere una buona qualità di vita.
Burden of disease
La BPCO è una delle principali cause di morbilità e mortalità a livello globale: si stima che oggi sia la terza causa di morte nel mondo (circa 3 milioni di decessi l’anno, e una previsione di oltre 5,4 milioni di decessi entro il 2060) [2], anche a causa del progressivo invecchiamento della popolazione. Nella maggior parte dei pazienti, soprattutto anziani, la BPCO si associa a malattie croniche concomitanti (es. patologie cardiovascolari, diabete mellito, disturbi muscoloscheletrici) che ne aumentano la morbilità e la mortalità.
Alcuni studi epidemiologici su larga scala hanno stimato una prevalenza globale della BPCO dell’11,7%, pari a 384 milioni di persone [2].
D’altra parte, vi è anche il problema della mancata diagnosi: diversi studi hanno dimostrato che i pazienti con BPCO in stadi di gravità moderata (circa il 30-50% di tutti i pazienti con BPCO) di solito rimangono non diagnosticati – nonostante siano, in circa la metà dei casi, sintomatici – fino a quando la loro malattia non progredisce in stadi di maggiore gravità [4].
In Italia, la BPCO colpisce intorno al 6% della popolazione adulta, vale a dire 3milioni di persone (dati Istat), con tassi di incidenza più elevati nelle regioni meridionali [5]. La malattia è inoltre responsabile del 50-55% delle morti per malattie respiratorie [5].
Diagnosi
La diagnosi di BPCO – ipotizzata sulla base del quadro clinico (fattori di rischio inclusi) – è confermata strumentalmente dalla spirometria, un semplice test che misura la quantità di aria che una persona può espirare e la quantità di tempo che serve per farlo, fattori indicativi dello stato di salute e della funzionalità respiratoria. La presenza di un rapporto FEV1/FVC <0.70 post-broncodilatatore conferma la presenza di una limitazione al flusso aereo persistente e quindi di BPCO.
Le Raccomandazioni GOLD [2] consigliano di eseguire la spirometria se uno dei sintomi tipici della BPCO è presente in un soggetto di età superiore a 40 anni.
Sebbene la BPCO sia definita sulla base della limitazione del flusso d’aria, la decisione di rivolgersi al medico (per fare una diagnosi) è di solito determinata dall’impatto che un sintomo ha sulla vita quotidiana del paziente. Una persona può richiedere un consulto medico a causa dei sintomi cronici o di una prima riacutizzazione.
Trattamento
La terapia farmacologica per la BPCO è volta a ridurre i sintomi, a migliorare lo stato di salute e la tolleranza allo sforzo, a ridurre la frequenza e la gravità delle riacutizzazioni.
Le riacutizzazioni di BPCO sono definite come un peggioramento acuto dei sintomi respiratori che riduce la funzionalità polmonare, con conseguente peggioramento dello stato di salute. Pertanto, la prevenzione e il trattamento delle riacutizzazioni (in particolare quelle di grado moderato e grave che comportano l’ospedalizzazione) è diventato un obiettivo primario degli operatori sanitari.
La terapia farmacologica si basa su farmaci broncodilatatori, che inducono un rilassamento della muscolatura liscia delle vie respiratorie, aumentando in questo modo la pervietà delle stesse, e antinfiammatori, che agiscono sul processo infiammatorio alla base dell’ostruzione delle vie aeree.
Aderenza alla terapia [6]
La non aderenza alla terapia per il trattamento della BPCO è elevata, con tassi di aderenza alla terapia orale e inalatoria che variano dal 41,3% al 57%.
A ciò si aggiunge che il 31% adotta tecniche di dosaggio dell’inalatore inefficaci e più del 50% fa uso eccessivo di farmaci durante i periodi di difficoltà respiratorie.
I motivi più comunemente identificati per la non-aderenza non intenzionale sono la complessità del regime terapeutico e la politerapia.
Prevenzione
Secondo le raccomandazioni GOLD (Global Initiative for Chronic Obstructive Lung Disease) [2], la cessazione del fumo è l’intervento con la maggiore capacità di influenzare la storia naturale della BPCO. Con risorse adeguate e interventi mirati ad aiutare i pazienti a smettere di fumare, si potrebbero ottenere tassi di astinenza a lungo termine del 25%.
Tra le altre strategie di prevenzione si segnala la vaccinazione antinfluenzale che può ridurre il rischio di malattie gravi (come le infezioni delle vie respiratorie inferiori che richiedono ricovero ospedaliero) e di morte in pazienti con BPCO. Anche la vaccinazione anti-pneumococcica è raccomandata in tutti i pazienti a partire dai 65 anni.
Bibliografia
[1] WHO, COPD Fact Sheet. Consultabile su: https://www.who.int/news-room/fact-sheets/detail/chronic-obstructive-pulmonary-disease-(copd)
[2] Global Initiative for Chronic Obstructive Lung Disease (GOLD). Strategia Globale per la Diagnosi, il Trattamento e la Prevenzione della BPCO, Report 2021. Consultabile su:
https://goldcopd.org/2021-gold-reports/
[3] Annesi-Maesano I. Epidemiology of chronic obstructive pulmonary disease. Eur Respir Mon 2006; 38: 41-70
[4] Soriano JB, Zielinski J, Price D., Screening for and early detection of chronic obstructive pulmonary disease. Lancet. 2009 Aug 29;374(9691):721-32.
[5] Elaborazione NEBO Ricerche PA su dati ISTAT, Indagine Campionaria Multiscopo 2000, 2005, 2010. Tratto dall’abstract: Dimensione BPCO, Condivisione dei Percorsi gestionali, Italian Journal of Public Health. 2016, Volume 5, numero 3. Consultabile su: https://www.ijph.it/pdf/2016-v5-n3.pdf
[6] Bryant et al. Improving medication adherence in chronic obstructive pulmonary disease: a systematic review, Respiratory Research 2013, 14:94. Consultabile su:
https://respiratory-research.biomedcentral.com/articles/10.1186/1465-9921-14-109
Aggiungi un commento