Alcune malattie infiammatorie croniche intestinali colpiscono più di 5 milioni di persone nel mondo e oltre 200 mila persone in Italia. È stata avviata la sperimentazione di un nuovo trattamento farmacologico per curare la colite autoimmune. Ne parliamo con Simona Ronchetti, professoressa di Farmacologia del Dipartimento di Medicina e Chirurgia dell’Università di Perugia, autrice dello studio.
L’EZIOLOGIA COMPLESSA DELLA COLITE AUTOIMMUNE: FATTORI GENETICI, AMBIENTALI E MICROBIOTA
La colite autoimmune si manifesta in diverse forme, con il morbo di Crohn che coinvolge l’intero tratto digerente in modo segmentario, concentrato nel colon retto, mentre la colite ulcerosa provoca infiammazione localizzata al colon e al retto.
La causa esatta di queste malattie rimane ancora in parte sconosciuta, ma si riconosce l’importanza di fattori individuali come la predisposizione genetica e l’insorgenza influenzata da fattori ambientali come la dieta.
Una dieta ricca di grassi saturi, zuccheri raffinati e povera di fibre può contribuire allo sviluppo di queste patologie. Inoltre, cattive abitudini come il fumo e la sedentarietà possono influenzare negativamente la malattia di Crohn.
È importante sottolineare che sia i fattori ambientali che quelli interni possono influire sul microbiota intestinale, il cui squilibrio (disbiosi) è strettamente collegato a queste malattie. La colite autoimmune è una condizione cronica che richiede una gestione a lungo termine, caratterizzata da periodi alternati di remissione e riacutizzazioni della patologia.
QUAL’È LA TERAPIA DELLA COLITE AUTOIMMUNE?
La gestione terapeutica delle patologie colitiche autoimmuni rappresenta una sfida, considerando la loro natura multifattoriale. Attualmente, non esiste una terapia definitiva per queste malattie, ma si adottano approcci sintomatici volti al trattamento dei sintomi.
Fino a poco tempo fa, veniva seguito un approccio graduale chiamato “step-up”, che prevedeva l’utilizzo di salicilati e antibiotici per le forme lievi e moderate, seguito da farmaci più potenti come gli steroidi, che però presentano gravi effetti collaterali. Nei pazienti non responsivi, si ricorre agli immunomodulatori e, in casi estremi, alla chirurgia.
Tuttavia, le recenti linee guida suggeriscono un approccio “top-down”, che mira a trattare precocemente anche le forme lievi con farmaci biologici, come i biologici, allo scopo di preservare l’integrità dell’intestino. Purtroppo, non esiste ancora una terapia risolutiva per tutte le forme di colite autoimmune.
PROSPETTIVE NUOVI ORIZZONTI NELLA CURA DELLA MALATTIA
Al momento, si stanno effettuando sperimentazioni precliniche di nuovi farmaci biotecnologici che potrebbero offrire nuove prospettive terapeutiche. Un gruppo di ricerca sta sperimentando l’utilizzo di una proteina anti-infiammatoria chiamata “GENES”, che simula gli effetti degli steroidi senza i loro effetti collaterali tipici.
Questa proteina è stata testata su modelli animali di colite, fornendo dati significativi che indicano un miglioramento dei sintomi della patologia. Il laboratorio responsabile della ricerca è in grado di produrre questa proteina, e si è osservato che essa è in grado di preservare la barriera mucosale intestinale, un sintomo di guarigione della malattia.
Nonostante si tratti ancora di un livello preclinico, i dati ottenuti indicano che l’utilizzo di questa proteina come farmaco potrebbe essere molto promettente. Altri gruppi di ricerca stanno esplorando l’utilizzo di questa proteina in altri modelli di malattie croniche infiammatorie, testimoniando l’interesse scientifico verso questa potenziale terapia.
La proteina “GENES” è prodotta naturalmente nelle cellule del sistema immunitario e in molti altri tessuti, come gli epiteli e i reni. Viene prodotta in risposta allo stimolo del rilascio di glucocorticoidi, che sono gli equivalenti naturali dei corticosteroidi, farmaci steroidi ad alta potenza antinfiammatoria. Essendo una proteina antinfiammatoria naturale, rappresenta un’opzione interessante per la terapia della colite autoimmune.
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