Dopo l’ultima aggressione ad un turista in Trentino da parte di un orso la Federazione Nazionale Ordini Veterinari Italiani esprime la sua contrarietà nei confronti di approcci semplicistici che vedono nell’abbattimento l’unica strada per la risoluzione di problemi tra animali selvatici e uomo.
L’ultimo episodio di aggressione da parte di un orso a danno di un turista in Trentino ha nuovamente acceso l’attenzione dell’opinione pubblica sulla gestione della popolazione di orsi da parte della Giunta trentina che, invece di prevenire, continua a inseguire l’emergenza, decretando l’abbattimento di qualsiasi orso sia in qualche modo relazionabile ad una aggressione. Questo modus operandi oltre che deprecabile da un punto di vista etico, è profondamente sbagliato da un punto di vista culturale e gestionale.
Nella sempre maggiore pressione antropica cui sottoponiamo il territorio, la natura compie, quando può godere di un proprio equilibrio, una propria selezione naturale che regola i soggetti presenti in un determinato habitat. Oggi questa regolazione è costantemente condizionata dall’uomo. Il problema non riguarda solamente l’orso, ma tutto l’ecosistema e la biodiversità floristica e faunistica.
L’orso può diventare pericoloso quando diventa confidente, ma di rado vi sono scontri con l’uomo. Gli orsi vengono spesso attratti da fonti di cibo non adeguatamente custodite (per esempio i rifiuti), ma arriva, si alimenta e se ne va; spesso si allontana subito se viene disturbato da cani o dagli stessi uomini. Si tratta di esemplari conosciuti e monitorati, soprattutto quando si tratta di femmine che si muovono sul territorio con i cuccioli, perché essendo filopatriche, si muovono nel territorio dove sono nate o nelle immediate vicinanze. Questo significa che la presenza di esemplari confidenti o femmine con cuccioli è nota agli Enti che gestiscono il territorio, i quali dovrebbero adeguatamente informare i cittadini sui corretti comportamenti da tenere nel caso si incontri un orso.
Quello che sta accadendo in provincia di Trento, la cattura, l’uccisione, il ritrovamento casuale o meno di orsi, della cui morte non si hanno mai riscontri abbastanza chiari da soddisfare la popolazione, è singolare. Non tanto nel confronto con altri Paesi che vantano una percentuale di abbattimenti spesso più alta, ma perché la politica della Provincia autonoma non è mai abbastanza chiara nel presentare questi eventi e perché le tante, troppe prese di posizioni della politica trentina non aiutano a generare fiducia.
La percezione che viene consegnata alla popolazione è quella di un ente pubblico che non sapendo gestire la presenza di plantigradi sul territorio, ha abbandonato almeno in parte, la gestione della convivenza, preferendo passare all’abbattimento, senza aver prima adeguatamente monitorato il fenomeno e messo in campo efficaci azioni di prevenzione. La giunta Fugatti continua a ripetere che il Progetto di reintroduzione degli orsi in Trentino è sfuggito di mano, ma finge di non sapere che l’ente che doveva monitorare e intervenire è proprio la Provincia di Trento. Quante delle azioni di prevenzione previste dal Progetto Life Ursus sono state realizzate? A che punto è l’apposizione di contenitori portarifiuti a prova d’orso? A che punto sono le campagne d’informazione per residenti e turisti sul corretto comportamento da tenere in presenza di un orso? Perché tutti gli orsi confidenti non sono stati dotati di radiocollare per poterne monitorare gli spostamenti e intervenire prontamente quando si avvicinano ai centri abitati?
Scaricare il problema sugli orsi è facile, ma serve solo a mantenere il Trentino in un continuo stato emergenziale. Le cronache raccontano di 8 aggressioni di orso a danno delle persone in Trentino negli ultimi 25 anni. È fondamentale raccogliere dati che permettano di capire come il fenomeno sta evolvendo. Quante volte in Trentino un orso incontra una persona? Quanti di questi incontri diventano aggressioni? Esistono fattori ricorrenti negli episodi accertati di aggressione da parte dell’orso? Se non si raccolgono e analizzano questi dati, difficilmente si potranno trovare soluzioni adeguate. Inseguire l’emergenza è segno di poca propensione ad affrontare i problemi in metodo scientifico.
Siamo consapevoli che la coesistenza con la fauna selvatica non sia sempre facile, ma l’approccio che individua l’abbattimento come unica soluzione ci vede in forte disaccordo, sia perché è lontano dai valori della medicina veterinaria moderna, ma soprattutto perché non risolve il problema, ma lo accentua con la falsa convinzione che tutti i problemi siano risolvibili non affrontandoli e cercando soluzioni condivise, ma semplicemente rimuovendoli.
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