Marco Tardelli, ‘giovane 65enne’, protagonista dello spot di campagna in onda a fine ottobre sulle reti Rai.
Lo spot è stato presentato oggi al Ministero della Salute in occasione della conferenza stampa organizzata da Italia Longeva “Vaccinazioni nell’età adulta #UnaSceltaVincente”.
Roma, 3 Ottobre 2019
“La longevità è una partita che si vince giocando d’anticipo!” Parola del ‘campione del mondo’ Marco Tardelli, testimonial dello spot televisivo al centro della nuova campagna di comunicazione sociale #UnaSceltaVincente realizzata da Italia Longeva, la Rete del Ministero della Salute sull’invecchiamento e la longevità attiva, con il patrocinio di SIGG, SIMG, SItI e Responsabilità Sociale Rai, per sensibilizzare i cittadini sull’importanza delle vaccinazioni in età adulta per guadagnare anni di vita e in buona salute.
Lo spot, presentato oggi al Ministero della Salute in occasione della conferenza stampa organizzata da Italia Longeva “Vaccinazioni nell’età adulta #UnaSceltaVincente”, sarà trasmesso sulle principali emittenti televisive nazionali, a partire dalla messa in onda sulle reti Rai a fine ottobre in concomitanza con l’avvio della campagna di vaccinazione antinfluenzale, e sarà inoltre destinato alla diffusione ‘virale’ sui social attraverso la pagina Facebook dedicata alla campagna, ideata per sensibilizzare i cittadini sull’importanza della vaccinazione in età adulta e renderli informati e consapevoli della pericolosità di alcune comuni malattie infettive (influenza, polmonite pneumococcica e herpes zoster, in primis) e dell’utilità delle vaccinazioni per proteggere la propria salute. Lo spot, che ha ottenuto il patrocinio della Fondazione Pubblicità Progresso, è stato realizzato grazie al contributo non condizionante di Pfizer, Sanofi Pasteur e Seqirus.
Continua a prevalere la convinzione che la vaccinazione sia solo “roba da bambini” e non riguardi l’età adulta, quando si è maggiormente esposti al rischio che le malattie infettive colpiscano più duramente. “Disinformazione, pregiudizi e luoghi comuni restano i maggiori ostacoli alla vaccinazione”, dichiara Roberto Bernabei, Presidente di Italia Longeva. “Persino la gratuità dell’offerta vaccinale per gli over-65 non basta ad aumentare i livelli di copertura. Una possibile strada per contrastare la disaffezione alla vaccinazione è quella di investire sulla comunicazione ai cittadini: la televisione e i social, per la loro accessibilità e capacità di fare leva sull’aspetto emozionale e sulla forza delle immagini, sono un ottimo mezzo per arrivare dritti alla ‘pancia’ della gente con messaggi positivi e incisivi sulla vaccinazione”.
L’icona dello sport Marco Tardelli è scesa in campo prestando il proprio volto allo spot di Italia Longeva. “65 anni e non sentirli. Pensare che mi possano definire anziano mi fa trasecolare. Mi sento pieno di energia, voglia di vivere e entusiasmo. Ma da sportivo so bene che per difendere questo equilibrio bisogna giocare d’anticipo. E allora sono sceso in campo perché in questa partita sono coinvolti avversari davvero temibili, e il sistema per sconfiggerli è appunto il gioco d’anticipo. Da sportivo e da cittadino il messaggio ai tanti tifosi che mi seguono, ma soprattutto ai tanti italiani che ogni giorno mi dimostrano il loro affetto, è quello di non abbassare la guardia e fare la scelta vincente: vaccinarsi. Perché la prevenzione è l’arma più potente che abbiamo a disposizione per vivere di più e meglio. È da questi particolari che si giudica un giocatore e la vita che cos’è se non un meraviglioso gioco di squadra?”
Basta guardare ai numeri per rendersi conto dell’impatto sugli anziani delle malattie infettive prevenibili con la vaccinazione: in Italia nelle ultime stagioni influenzali l’eccesso di mortalità direttamente attribuibile all’influenza è stato, in media, di 17mila decessi ogni anno. Sono circa 11mila i decessi provocati dalla polmonite pneumococcica, responsabile anche di crescenti ospedalizzazioni (oltre 100mila italiani over-65 ricoverati ogni anno per complicanze respiratorie e cardiache). Non è da meno l’herpes zoster (o fuoco di Sant’Antonio), malattia causata dalla riattivazione del virus della varicella che, in oltre il 20% dei casi, provoca la nevralgia post-erpetica, una condizione dolorosa e invalidante che può durare mesi o anni.
“Abbiamo a disposizione uno strumento semplice ed efficace per evitare le morti, che per il 90% riguardano gli anziani, ma serve maggior consapevolezza da parte dei cittadini su quanto sia importante vaccinarsi a partire dai 65 anni, quando le patologie croniche e la diminuzione delle funzioni del sistema immunitario rendono più vulnerabili alle infezioni”, spiega Paolo Bonanni, Coordinatore Scientifico del Calendario per la Vita. “Nel caso della vaccinazione antinfluenzale, le società scientifiche sostengono un abbassamento progressivo dell’età dell’offerta attiva e gratuita, prima a 60 e poi a 50 anni, perché circa 1/5 degli over-50 è già affetto da almeno una malattia cronica. Oltre ai vaccini per difendersi dai tre ‘avversari’ più temibili, non vanno infine dimenticati i richiami per tetano, difterite e pertosse, anch’essi inseriti nel Calendario per la Vita”.
Le istituzioni sanitarie sono molto attente alle politiche di immunizzazione dell’adulto. Lo conferma l’introduzione, in regime di gratuità, della vaccinazione anti-pneumococcica e di quella anti-zoster all’interno del Piano di Prevenzione Vaccinale 2017-2019. “Tuttavia, la soglia di copertura raccomandata del 75% resta ancora lontana dall’essere raggiunta”, afferma Claudio D’Amario, Direttore Generale della Prevenzione sanitaria del Ministero della Salute. “Serve la collaborazione tra tutti gli attori coinvolti per rilanciare l’adesione alla vaccinazione, mettendo in campo una forte azione di sensibilizzazione a tutela della salute di tutti i cittadini”.
Secondo i dati raccolti dal Ministero della Salute, nell’ultima stagione antinfluenzale si è vaccinato il 53,1% degli over-65, con una grande variabilità delle coperture tra le diverse regioni, che si registra anche per la vaccinazione anti-pneumococcica e per quella contro il fuoco di Sant’Antonio.
Il medico di medicina generale, in virtù del rapporto di prossimità e di fiducia che lo lega ai propri assistiti, ricopre un ruolo fondamentale nel dare forza al messaggio sull’importanza della vaccinazione in età adulta. Secondo Claudio Cricelli, Presidente della Società Italiana di Medicina Generale, “Il nostro contributo non si limita alla vaccinazione antinfluenzale, ma è finalizzato alla realizzazione di una vera e propria presa in carico vaccinale, che parte dalla lotta alla disinformazione, dalla rassicurazione sulla sicurezza dei vaccini e dalla diffusione di una maggiore conoscenza sugli strumenti di prevenzione a disposizione degli over-65”.
Perché, per dirla con le parole di un campione del mondo, la longevità è una partita che va giocata d’anticipo.
I VACCINI
Cos’è un vaccino e come funziona
Il vaccino è un preparato biologico che contiene, in forma molto attenuata o inattiva, un virus o un batterio (o frequentemente antigeni estratti dagli stessi agenti patogeni) che causano la malattia che si vuole prevenire. Una volta somministrato, il vaccino stimola il sistema immunitario a difendersi da quello specifico patogeno, anche se inattivo, preparando così l’organismo a combatterlo in futuro attraverso la creazione di una “memoria immunitaria”. Infatti, specifiche cellule del gruppo dei linfociti B mantengono la traccia dell’incontro e sono in grado di riconoscere lo stesso virus o batterio, in modo da attivare la risposta immunitaria. Ciò accade sia nel caso di un’infezione naturale, sia in seguito a una vaccinazione. Di conseguenza, una persona vaccinata è in grado di riconoscere e combattere la forma “viva” del patogeno e quindi prevenire un’infezione potenzialmente mortale.
I vaccini consentono alle persone di vivere più a lungo e in maniera più sana e sono uno strumento primario nella prevenzione delle malattie. Ad essi si deve l’eradicazione globale del vaiolo e della difterite e la salvezza di più di 3 milioni di vite ogni anno in tutto il mondo, oltre che la protezione di molti altri milioni di persone da malattie e disabilità permanenti.
Il profilo di sicurezza dei vaccini
La produzione di vaccini è un processo complesso che richiede procedure di controllo qualità e sicurezza rigorose durante tutto il processo produttivo.
Il primo passo per produrre un vaccino è la generazione della componente attiva del vaccino stesso, la quale di norma è una forma molto attenuata o non attiva (o antigeni estratti dall’agente patogeno) di un virus o di un batterio, in modo da renderlo sicuro per la somministrazione nell’uomo.
I vaccini sono estremamente sicuri. L’autorizzazione e l’immissione in commercio sono subordinate a controlli ferrei a diversi livelli della procedura e a ogni livello i risultati devono garantire sia l’efficacia del prodotto sia la sua sicurezza.
Gli effetti collaterali più frequenti della vaccinazione sono delle reazioni lievi che si risolvono spontaneamente (dolore e rossore nel sito dove viene praticata l’iniezione o un po’ di febbre). Molto raramente possono causare reazioni allergiche.
L’INFLUENZA
Cos’è e come si trasmette?
L’influenza è un’infezione respiratoria virale molto contagiosa che si trasmette facilmente attraverso goccioline di muco, saliva ed in genere per via aerea, anche semplicemente parlando vicino ad un’altra persona. I virus responsabili dell’influenza, principalmente di tipo A e B, si caratterizzano per una forte tendenza a mutare: questo significa che le difese che l’organismo ha messo a punto contro il virus dell’influenza che circolava l’anno precedente, non sono più efficaci per il virus dell’anno successivo.
Chi colpisce?
L’influenza stagionale colpisce ogni anno il 5-10% della popolazione globale e sino al 20-30% dei bambini. I tassi di incidenza possono raggiungere il 40-50% nei soggetti a rischio. Sebbene la fascia di età più colpita in termini numerici sia quella dei bambini, gli anziani (over 65) e i soggetti fragili con fattori di rischio sia patologici (es. presenza di malattie croniche), sia fisiologici (gravidanza), sono maggiormente interessati da complicanze gravi, ospedalizzazioni e decessi.
Nel mondo
Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), è di circa 1 miliardo di casi la stima annuale dei contagi dell’influenza a livello globale – di cui 3-5 milioni gravi – con 290.000-650.000 persone che muoiono a causa dell’influenza, con un’incidenza maggiore tra gli ultra 65enni. In Europa sono circa 40.000 all’anno le morti premature per influenza secondo le stime del Centro Europeo per la Prevenzione e il Controllo delle Malattie (ECDC).
In Italia
In Italia l’influenza è ancora oggi la terza causa di morte per patologia infettiva, preceduta solo da AIDS e tubercolosi. Colpisce ogni anno in media il 9% della popolazione generale. Sebbene la fascia di età più interessata in termini di incidenza sia quella dei bambini (26%), gli anziani e i soggetti fragili con fattori di rischio sia patologici (malattie croniche) che fisiologici (gravidanza) sono maggiormente interessati da complicanze gravi, ospedalizzazioni e decessi.
Nell’ultima stagione 2018-2019, sono stato stimati oltre 8 milioni di casi di sindrome influenzale e sono stati segnalati 809 casi gravi di influenza confermata, dei quali 198 deceduti.
Negli ultimi anni in Italia sono stati registrati picchi di mortalità durante l’inverno soprattutto tra gli anziani e tale eccesso di mortalità è più alto rispetto a quella di altri Paesi europei. I risultati di un recente studio confermano l’ipotesi che le epidemie influenzali sono probabilmente la principale causa dell’eccesso di mortalità che si verifica durante l’inverno specialmente negli anziani. Dalla stagione 2013/14 alla stagione 2016/17 si sono verificate oltre 68.000 morti attribuibili alle epidemie influenzali, di cui 7.027 nel 2013/2014, 20.259 nel 2014/2015, 15.801 nel 2015/2016 e 24.981 nel 2016/2017.
Complicanze dell’influenza: chi sono i soggetti maggiormente a rischio?
I virus influenzali, per la loro semplicità di azione e diffusione, fanno sì che l’influenza venga percepita come una malattia banale e scevra da complicanze. Nella maggior parte dei casi è così, tuttavia, nei soggetti più fragili come gli anziani, le persone con un sistema immunitario indebolito da malattie o terapie e le persone affette da patologie croniche, l’influenza può causare complicanze importanti, tali da rendere necessario il ricovero in ospedale, portare alla perdita dell’autosufficienza se non, in alcuni casi, anche alla morte.
Quali sono le complicanze più frequenti?
Le complicanze respiratorie sono le più frequenti, in particolare le polmoniti batteriche, ma anche le polmoniti virali, di solito ad elevata mortalità.
A seguito dell’influenza possono inoltre sopraggiungere complicanze cardiache anche molto gravi. L’incidenza di ricoveri per infarto miocardico acuto risulta essere di 6 volte più alta durante i sette giorni successivi ad un’infezione influenzale. Inoltre, nei primi quindici giorni dalla manifestazione dell’influenza o di malattie simil-influenzali, e per oltre sessanta giorni, i pazienti presentano un rischio di ictus più elevato.
Le persone con diabete possono andare incontro ad un peggioramento della malattia, con rischio di ospedalizzazione da 3 a 6 volte più elevato.
Infine, le donne in gravidanza possono accusare complicazioni a carico del sistema cardio-respiratorio, con conseguenti danni al feto da ipossia (carenza di ossigeno).
La miglior difesa è la prevenzione. Perché è importante vaccinarsi?
La vaccinazione antinfluenzale rappresenta uno strumento efficace e sicuro per prevenire la malattia e le sue complicanze e preservare una buona qualità di vita.
È stato dimostrato che la vaccinazione antinfluenzale ha un impatto positivo sulla prevenzione delle patologie cardiovascolari. In particolare, è stato confermato un range di efficacia nella prevenzione dell’infarto acuto del miocardio del 15-45%, comparabile a quello delle misure di prevenzione coronarica riconosciute dalla comunità scientifica.
Chi beneficia dell’offerta vaccinale gratuita?
Il Piano Nazionale di Prevenzione Vaccinale (PNPV) 2017-2019 prevede l’offerta attiva e gratuita della vaccinazione antinfluenzale per i soggetti che, per le loro condizioni personali o di esposizione (ad esempio gli operatori sanitari), sono maggiormente esposti al rischio di andare incontro a complicanze: in particolare, gli over 65 e le persone affette da malattie croniche dell’apparato respiratorio (asma e broncopneumopatia cronica ostruttiva – BPCO), malattie dell’apparato cardio-circolatorio, diabete mellito, insufficienza renale cronica.
Quando e dove vaccinarsi?
La vaccinazione antinfluenzale è raccomandata per tutti i soggetti over 65 e va ripetuta ogni anno durante la cosiddetta stagione influenzale che va dal mese di ottobre al mese di dicembre.
La somministrazione del vaccino antinfluenzale può essere effettuata presso le strutture deputate alla vaccinazione, individuate da ciascuna Regione e Provincia autonoma. Oltre ai centri vaccinali delle ASL, è possibile vaccinarsi presso gli ambulatori dei Medici di Medicina Generale.
Proteggere se stessi per proteggere gli altri. Cosa si intende per copertura vaccinale?
La copertura vaccinale indica la proporzione di soggetti vaccinati sul totale dei soggetti candidati alla vaccinazione. Rappresenta un indicatore molto importante ai fini della programmazione sanitaria in materia di immunizzazione.
L’OMS ha indicato nel 75% l’obiettivo di copertura vaccinale minimo e nel 95% l’obiettivo di copertura ottimale per tutti i gruppi target, inclusi gli anziani e i soggetti a rischio. È bene ricordare anche il valore sociale della vaccinazione: i benefici dell’immunizzazione si riflettono non soltanto sul singolo individuo ma sull’intera collettività. Ottenere elevate coperture vaccinali permette di contenere la circolazione del microrganismo responsabile e conseguentemente garantisce una protezione anche ai non vaccinati: l’impatto sulla salute della popolazione risulta dunque notevole in termini di contenimento dei danni della malattia o delle sue complicanze (morbosità, mortalità, ricorso a cure mediche, ospedalizzazioni) e di riduzione dei costi sia diretti che indiretti. Un altro concreto contributo della vaccinazione influenzale riguarda il suo positivo impatto nei confronti della lotta all’antimicrobico resistenza, una delle principali sfide della medicina dei nostri tempi. È stato infatti dimostrato che in un contesto di copertura vaccinale alta e con un’offerta universale della vaccinazione, vi è una riduzione del 64% della prescrizione inappropriata di antibiotici in seguito ad un episodio di influenza.
Dati sulla copertura vaccinale in Italia
Nell’ultima stagione antinfluenzale, 2018-2019, è stato raggiunto un livello di copertura negli ultrasessantacinquenni pari al 53,1%, con una grande variabilità da regione a regione.
I dati sulla vaccinazione negli over 65 mostrano un trend positivo, iniziato dopo gli anni 2014-2015 che avevano fatto registrare un brusco calo fino al 48,6%. Tuttavia, i tassi di copertura raccomandati a livello internazionale e sono ben lontani dall’essere raggiunti.
L’influenza: un problema ad alto impatto sociale ed economico
L’influenza comporta un elevato onere economico, in termini di costi diretti (consumo di farmaci, ospedalizzazioni, ecc.) e indiretti (ad es. assenteismo e perdita di produttività), oltre che di costi intangibili (sofferenza, dolore, riduzione della qualità della vita).
Prendendo in considerazione i costi indiretti, l’influenza rappresenta la principale causa di assenza dal lavoro (il 10% del totale). L’assenteismo aumenta del 56% nel corso della stagione influenzale, provocando la perdita di 500mila giornate lavorative durante il picco influenzale.
- Costo medio giornaliero ospedalizzazione: € 1.600,00
- Costo medio di una visita medica: € 20,00
- Costo medio farmaci antibiotici: € 30,00
- Costo di 1 settimana di lavoro: € 850,00
Il costo complessivo dell’influenza per il Sistema-Paese, tra spese sostenute dal Servizio Sanitario Nazionale, dall’INPS, delle aziende e delle famiglie (costi diretti ed indiretti), ammonta a circa 2,86 miliardi di euro. È stato calcolato che vaccinando tutta la popolazione ultra 18enne, i costi complessivi si ridurrebbero a €1,56 miliardi, con una riduzione netta di costi pari a €1,3 miliardi.
POLMONITE DA PNEUMOCOCCO
Cos’è lo pneumococco?
Lo pneumococco (o Streptococcus Pneumoniae) è un batterio che tutti noi ospitiamo nel naso-faringe in una convivenza generalmente innocua. Esistono circa 90 sottotipi di questa tipologia di batterio, alcuni inoffensivi, altri più predisposti a innescare malattie.
Lo pneumococco è in assoluto il patogeno più frequentemente implicato nelle polmoniti (causa del 30-50% di tutte le polmoniti), in qualunque fascia d’età e setting di pazienti (non ospedalizzati, ospedalizzati o in terapia intensiva).
Chi colpisce?
Il batterio colpisce prevalentemente due fasce di età: i bambini fino ai 5 anni e gli adulti a partire dai 50 anni, nei quali aumenta la frequenza con cui lo pneumococco si diffonde dal naso-faringe verso i polmoni, le orecchie e le meningi cerebrali, innescando patologie diverse.
Le più frequenti sono:
- la meningite, soprattutto nei bambini;
- la polmonite, soprattutto negli adulti e negli anziani;
- le otiti, tipiche dei bambini.
I picchi di incidenza nei bambini e negli anziani trovano spiegazione nel fatto che le loro difese immunitarie sono immature nei primi e indebolite nei secondi.
Nel mondo: i dati OMS
Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), l’infezione da pneumococco è la causa principale di morbilità e mortalità a livello globale, con 1,6 milioni di casi di malattia con esito mortale ogni anno, principalmente a carico di bambini e anziani.
In Europa e negli Stati Uniti si calcola che lo Streptococcus Pneumoniae sia causa del 30-50% delle polmoniti acquisite in comunità che richiedono l’ospedalizzazione delle persone adulte.
I numeri in Italia
In Italia, secondo i più recenti dati ISTAT, nel 2016 si sono verificati 10.837 decessi per polmoniti, per il 97% nei soggetti con più di 65 anni. Le stime indicano un’incidenza annua di 1,69 casi negli uomini e 1,71 casi nelle donne ogni 1.000 abitanti.
La mortalità per polmonite può aumentare fino al 44% nei setting di lungo-degenza dove più soggetti anziani convivono negli stessi spazi, aggravando la propria condizione di vulnerabilità.
I dati più recenti del Ministero della Salute, mostrano in Italia un aumento del 6% nel 2017 dei giorni di degenza per le polmoniti con complicanze, rispetto al 2016 (899.857 giorni vs 53.148).
Il costo stimato per il Servizio Sanitario Nazionale è di circa 500 milioni di euro.
Pneumococco: quali sono i soggetti maggiormente a rischio?
Lo pneumococco innesca più facilmente patologie in quelle persone che soffrono di deficit immunitari. Esistono diversi fattori di rischio che possono rendere un individuo maggiormente suscettibile allo sviluppo di infezioni. Uno dei fattori più importanti è rappresentato dall’immunosenescenza, vale a dire il fisiologico declino delle funzioni di difesa del sistema immunitario legato all’avanzare dell’età. La presenza di patologie di base, che comportano di per sé uno stato di immunocompromissione (diabete, trapianto, terapie immunosoppressive, asplenia, deficit immunitari congeniti), rappresenta un altro fattore di rischio per lo sviluppo di infezioni pneumococciche invasive, unitamente agli stili di vita fondati sull’utilizzo routinario di alcol e/o fumo. La presenza di patologie croniche cardiovascolari (ipertensione e scompenso cardiaco) e polmonari (asma e BPCO), di insufficienza renale cronica e influenza virale rappresentano un fattore di rischio nella popolazione adulta.
Quali sono le complicanze più frequenti?
La polmonite (sia di origine virale, sia batterica) è uno dei problemi di salute più frequenti e significativi negli anziani, in grado di comportare gravi complicanze fino al decesso: è comune, infatti, che a seguito di una polmonite grave intervengano insufficienza respiratoria o insufficienza cardiaca (il cuore non riceve più sangue propriamente ossigenato), da cui può derivare uno shock cardio-circolatorio. L’infezione nel sangue può inoltre degenerare in setticemia.
La miglior difesa è la prevenzione. Perché è importante vaccinarsi?
La vaccinazione rappresenta uno strumento efficace e sicuro per prevenire le infezioni da pneumococco e ridurre complicanze, ospedalizzazioni e morti ad essere associate.
Il Piano Nazionale di Prevenzione Vaccinale (PNPV) 2017-2019 prevede l’offerta gratuita della vaccinazione anti pneumococcica per tutti i soggetti a rischio, indipendentemente dall’età, e per almeno una coorte o più coorti per età, con preferenza per i 65enni in caso di coorte singola, e 65enni e 70enni in caso di duplice coorte, sulla base delle strategie vaccinali adottate a livello regionale. La vaccinazione può essere effettuata in qualsiasi momento dell’anno, anche in associazione alla vaccinazione antinfluenzale.
Dati sulla copertura vaccinale in Italia
La copertura vaccinale indica la proporzione di soggetti vaccinati sul totale dei soggetti candidati alla vaccinazione. Il Ministero della Salute ha indicato nel 75% l’obiettivo di copertura vaccinale minimo da raggiungere entro il 2019.
I dati disponibili riferiti all’Italia evidenziano una grande variabilità delle coperture vaccinali tra le diverse regioni, con valori compresi tra il 44,7% e il 98,5%.
HERPES ZOSTER, alias FUOCO DI SANT’ANTONIO
Cos’è?
L’Herpes zoster (HZ), conosciuto anche come Fuoco di Sant’Antonio, è una patologia comune e debilitante causata dalla riattivazione del virus Varicella Zoster (VZV) che, dopo essersi manifestato in età pediatrica, rimane latente a livello dei gangli sensitivi del sistema nervoso. Il virus può riattivarsi in qualunque momento, in genere diversi anni dopo l’infezione, generando una manifestazione cutanea dolorosa.
Chi colpisce?
Si stima che circa 1 persona su 4 potrà manifestare un episodio di Zoster nel corso della propria vita, con un rischio medio di circa 23–30%. L’HZ colpisce fino alla metà di tutti gli adulti che vivono sino a 85 anni di età; 2 casi su 3 di HZ si manifestano in persone con più di 50 anni. Circa il 90% dei pazienti affetti da Herpes zoster sono immunocompetenti.
In Europa si registrano ogni anno circa 1,7 milioni di nuovi casi di HZ; tra questi 425.000 (il 25% circa) sviluppano la Nevralgia Post Erpetica.
In Italia si stimano circa 157.000 nuovi casi di HZ ogni anno, assumendo un’incidenza annuale di 6,3 per 1.000 persone-anno (osservati nella popolazione immunocompetenti nel periodo 2003-2005) e che rappresenta il 73% del numero totale di casi nella popolazione adulta.
Uno studio condotto attraverso un network di Medici di Medicina Generale ha osservato che nel 20,6% e nel 9,2% dei pazienti con HZ, sebbene generalmente trattati precocemente entro le prime 72 ore dall’insorgenza dei sintomi, era presente la Nevralgia Post Erpetica rispettivamente a 3 e 6 mesi. Con l’aumentare dell’età, cresce anche la gravità della patologia: il 62% dei ricoveri riguarda soggetti di età superiore a 65 anni.
Herpes zoster: quali sono i soggetti maggiormente a rischio?
Sebbene non siano ancora pienamente note le cause della riattivazione del virus, essa si correla all’aumentare dell’età e al declino fisiologico del sistema immunitario (immunosenescenza). Il rischio di contrarre l’HZ è infatti più che doppio dopo i 50 anni e i 2/3 di tutti i casi di HZ si manifestano dopo i 50 anni.
Le persone affette da alcune patologie croniche hanno un rischio di sviluppare la malattia maggiore di 1,8 – 8,4 volte rispetto ai pazienti con altre patologie. Queste condizioni, tra cui il diabete e la Broncopneumopatia Cronica Ostruttiva (BPC0), sono infatti in grado di modificare l’immunità cellulo-mediata specifica verso il VZV, aumentando così il rischio di sviluppare l’infezione.
Quali sono le complicanze più frequenti?
Quando il virus VZV si riattiva e si replica lungo il nervo fino a coinvolgere l’area della cute innervata dalle terminazioni nervose, si sviluppa un’area cutanea dolorosa che si associa a bruciore o fitte, prurito e irritazione. Il quadro clinico acuto dura circa 2-4 settimane. Tuttavia, per alcune persone la malattia non si esaurisce con la scomparsa della manifestazione cutanea, ma può portare a complicanze debilitanti e potenzialmente gravi. Ciò accade in circa la metà dei pazienti adulti colpiti.
- La complicanza più comune, nota come Nevralgia Post Erpetica (PHN), è caratterizzata da un dolore di tipo neuropatico clinicamente rilevante, avvertito come bruciore, fitte o sensazione di martellamento, che in alcuni casi si manifesta in forma così severa da impedire il proseguimento di una vita normale. Il dolore forte può durare settimane, mesi o persino anni. La probabilità di contrarre la PHN e la durata della sofferenza aumentano significativamente con l’età. Il 20-25% dei pazienti dai 50 anni in su soffre di Nevralgia Post Erpetica.
- La forma di HZ che coinvolge la divisione oftalmica del nervo trigemino – Herpes zoster Oftalmico (HZO) – rappresenta il 10-20% dei casi di Herpes zoster e circa la metà di tutti i pazienti con HZO possono sviluppare complicanze oculari severe, sino alla cecità.
- L’HZ può inoltre causare complicanze quali infezioni cutanee, perdita permanente dell’udito o infiammazioni cerebrali (encefalite) e viscerali.
Perché è importante vaccinarsi?
La vaccinazione rappresenta l’unica arma di prevenzione dall’Herpes zoster. Attualmente non sono disponibili trattamenti medici che possano prevenire l’insorgenza dell’HZ e della PHN. Le opzioni terapeutiche, inoltre, sono parzialmente efficaci e la gestione clinica della PHN è complessa e spesso insoddisfacente.
La vaccinazione è indicata per i soggetti di età pari o superiore a 50 anni. Rafforzando l’immunità naturale contro il virus, il vaccino aiuta a controllarne la riattivazione e la replicazione e pertanto a prevenire l’HZ e ridurne la severità. Il vaccino viene somministrato per via sottocutanea in una singola dose, preferibilmente nella regione deltoidea.
Chi beneficia della gratuità dell’offerta vaccinale?
Secondo il Piano Nazionale di Prevenzione Vaccinale (PNPV) 2017-2019 la vaccinazione anti-zoster è offerta gratuitamente alla coorte degli ultrasessantacinquenni.
Il vaccino anti-zoster può essere co-somministrato con il vaccino influenzale inattivato, ma può anche essere somministrato indipendentemente ed in qualsiasi stagione dell’anno.
La somministrazione del vaccino anti-zoster può essere effettuata presso le strutture deputate alla vaccinazione da ciascuna Regione e Provincia autonoma. Oltre ai centri di vaccinazione delle ASL, è possibile rivolgersi anche ai Medici di Medicina Generale.
I costi dell’Herpes Zoster in Italia
I costi dell’HZ non sono associati soltanto a cure e ospedalizzazione. Il virus e le sue complicanze sono responsabili di costi sanitari diretti e indiretti, questi ultimi generati da perdita di produttività sia dei pazienti, sia dei familiari che se ne prendono cura. Dopo il primo manifestarsi della patologia, alcuni pazienti possono andare in pensione anticipatamente o diventare sempre più dipendenti dal caregiver.
L’impatto economico dell’HZ e della PHN in Italia è stato stimato in circa 49 milioni di euro/anno, di cui 33,7 milioni di euro di costi diretti (visite, cure, ospedalizzazioni) e circa 15,4 milioni di euro di costi indiretti (perdita di produttività).
DIFTERITE – TETANO – PERTOSSE
Difterite: cos’è e chi colpisce?
La difterite è una patologia infettiva acuta, altamente contagiosa e a notifica obbligatoria, provocata principalmente da ceppi tossigenici del batterio Corynebacterium diphtheriae e raramente da altre specie meno comuni di Corynebacterium. Esso rilascia una tossina che può danneggiare, o addirittura distruggere, organi e tessuti. Il batterio più diffuso colpisce la gola, il naso e talvolta le tonsille. È inoltre in grado di diffondersi attraverso il circolo sanguigno e raggiungere organi vitali come cuore, cervello e reni, causando gravi lesioni e complicanze.
Il report 2019 dell’European Centre for Disease Control (ECDC) conferma la forte riduzione dei casi di difterite in Europa nell’ultimo decennio: da 42 casi per 100.000 abitanti del 2008 a meno di 0,01 per 100.000 nel 2017, cioè meno di 1 caso ogni 10 milioni di persone.
Negli ultimi anni, però, in Italia sono stati segnalati 4 casi di difterite nel periodo 2013-2017.
Anche quando la difterite non è endemica, come attualmente in Italia, grazie alle elevate coperture vaccinali, non bisogna sottovalutare il rischio delle infezioni dagli altri ceppi batterici non produttori della tossina, perché questi possono comunque causare gravi manifestazioni cliniche come faringiti, batteriemie, endocarditi, artriti settiche, ascessi e polmoniti. La presenza di ceppi non produttori di tossina è stata dimostrata negli Stati Uniti e in Europa, inclusa l’Italia.
La strategia più efficace contro la difterite resta la vaccinazione preventiva. Disponibile fin dal 1920, il vaccino antidifterico contiene la tossina batterica, trattata in modo da non essere patogena per l’organismo, ma comunque in grado di stimolare la produzione di anticorpi protettivi da parte del sistema immunitario.
Tetano: cos’è e chi colpisce?
Il tetano è una malattia infettiva acuta non contagiosa causata dal batterio Clostridium tetani. Può insorgere da ferite contaminate dal batterio che non invade i tessuti, ma rilascia una tossina che, attraverso il sangue e il sistema linfatico, raggiunge il sistema nervoso centrale, interferendo con il rilascio di neurotrasmettitori che regolano la muscolatura, causando contrazioni e spasmi diffusi.
Nonostante il tetano sia una malattia prevenibile grazie alla vaccinazione, in Italia continuano a verificarsi decine di casi ogni anno, con tassi più alti rispetto agli altri Paesi occidentali. Questo dato negativo viene ribadito nel report dell’ECDC del 2019.
Nel periodo 2013-2017 l’Italia da sola ha riportato il 44% (231 casi) di tutti i casi riportati dai 26 Paesi europei (522 casi). Dei casi italiani, il 78% era di età superiore ai 65 anni. L’elevata incidenza di casi in pazienti anziani è legata a una ridotta copertura vaccinale o al decadimento della memoria immunologica che si verifica nel corso dell’età adulta in poi.
Grazie alla vaccinazione, i casi di tetano in età pediatrica o adolescenziale sono considerevolmente diminuiti negli anni, mentre diversi casi si verificano ancora in persone anziane non vaccinate da adulte, soprattutto donne, che non hanno beneficiato della vaccinazione durante il periodo di leva obbligatoria (che da diversi anni comunque non più presente nemmeno per gli uomini). È stato osservato un andamento stagionale delle infezioni, con la maggior parte dei casi nel periodo giugno-ottobre, verosimilmente legati a maggiori attività all’aperto durante questo periodo.
Pertosse: cos’è e chi colpisce?
La pertosse è una malattia infettiva di origine batterica causata dal batterio Bordetella pertussis. Pur essendo considerata una malattia infantile (registra le sue forme più gravi nei bambini nel primo e secondo anno di vita), è altamente contagiosa (il malato può contagiare fino al 90% degli individui suscettibili), pertanto anche gli adulti e gli anziani non vaccinati sono esposti al rischio di contrarre la malattia.
Nei gruppi di età più avanzata il riconoscimento della malattia è reso, per altro, difficile dall’aspecificità della sintomatologia. In pratica, l’adulto che prende la pertosse ma non presenta sintomi e, non sapendo di avere la malattia, può trasmetterla ai neonati che hanno maggior rischio di complicanze e decessi. La difficoltà della diagnosi clinica, unita al carente impiego di appropriate metodiche di laboratorio per la conferma della diagnosi, determinano una sotto-notifica delle infezioni e una difficoltà nello stimare il reale impatto della patologia nella popolazione.
La pertosse è diffusa in tutto il mondo, ma è diventata assai rara, specialmente nei Paesi in cui è stata introdotta la vaccinazione generalizzata nell’infanzia. Oggi il 90% dei casi di pertosse si registra proprio nelle popolazioni in cui non viene effettuata la vaccinazione, con elevati tassi di mortalità tra i bambini. In Europa, l’ECDC evidenzia che nel 2017 sono stati segnalati oltre 42.000 casi di pertosse. Anche se i dati più recenti sembrano indicare un significativo miglioramento dell’impatto epidemiologico, la pertosse rimane un importante problema di sanità pubblica, ampiamente diffusa in termini sia di morbosità che di complicanze, ospedalizzazioni e decessi. Non essendoci per gli adulti un obiettivo di copertura, né monitoraggio della stessa, questo rischia di vanificare i programmi di Sanità Pubblica.
L’immunità contro la pertosse, sia essa acquisita con la vaccinazione o con infezione naturale, non dura per tutta la vita e la protezione immunitaria tende a decadere, in entrambi i casi, in un range temporale di 4-10 anni. L’attuale Piano Nazionale di Prevenzione Vaccinale 2017-2019 la offre gratuitamente a tutti i neonati, bambini in età prescolare, adolescenti e adulti ogni 10 anni. Per quanto riguarda il richiamo negli adulti, le ASL lo offrono gratuitamente, sebbene non sia oggi disponibile un dato di copertura nazionale, non essendo stato fissato un obiettivo di copertura nello stesso Piano.
Il fatto che adolescenti e adulti possano rappresentare una sorgente di infezione e di complicanze per i soggetti a maggior rischio, cioè i neonati (soprattutto nei primi mesi di vita) fa sì che i richiami vaccinali nei giovani adulti, negli adulti e negli anziani siano d’importanza fondamentale per garantire la continuità vaccinale e l’interruzione della catena infettiva. Occorre quindi sfruttare qualsiasi occasione opportuna per aumentarne l’adesione.
La vaccinazione DTPa
Il Piano Nazionale Prevenzione Vaccinale 2017-2019, offre con chiamata attiva e gratuita la vaccinazione DTpa (difterite-tetano-pertosse) che protegge da queste 3 malattie e che va ripetuta ogni 10 anni, a partire dai 19 anni in poi. Il motivo per cui è necessario effettuare un vaccino di richiamo è dovuto al decadimento nel tempo del livello di anticorpi specifici che potrebbe quindi mettere le persone a rischio di queste infezioni. Invece, facendo un vaccino di richiamo, viene rinnovata la memoria immunologica e si ritorna protetti, sia individualmente, come è il caso del tetano, che collettivamente, come nel caso di difterite e pertosse, poiché si limita la circolazione di questi agenti infettivi e si protegge così noi stessi e i soggetti più a rischio, come bambini e soggetti fragili.
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