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La stimolazione magnetica transcranica per le patologie più varie

E’ una tecnologia innovativa che, per mezzo di stimoli magnetici indirizzati, attraverso il cranio, alle cellule nervose della corteccia prefrontale del cervello, permette di trattare diverse patologie. Vediamo quali sono e come funziona

di Melania Sorbera

Dopo l’introduzione di Anthony Barker, dell’Università di Sheffield, in Inghilterra, nel 1985 come strumento non invasivo per attivare la corteccia motoria, misurarne la connettività, l’eccitabilità e valutare l’integrità delle vie motorie, il suo utilizzo si è diffuso rapidamente in altri ambiti, soprattutto in neurologia, neurofisiologia clinica e psichiatria.

La stimolazione magnetica transcranica ha l’obiettivo di rimodulare l’attività neuronale, attraverso gli impulsi magnetici emessi da un dispositivo, e può essere utilizzata sia in integrazione alle terapie tradizionali, farmaci e psicoterapia, per migliorarne gli effetti delle cure tradizionali, sia come alternativa alla terapia medica. Alcune aree terapeutiche nelle quali viene utilizzata sono: la depressione resistente ai farmaci; il diabete; il post partum; l’obesità; la depressione associata ai disturbi metabolici o quella nella quale occorre evitare i farmaci; la depressione stagionale; l’autismo; la psicosi; i sintomi negativi; le allucinazioni uditive e il disturbo ossessivo-compulsivo.

In neurologia viene utilizzata per: la riabilitazione cognitiva; la riabilitazioni post stroke o nel trauma cranico; il dolore, incluse le cefalee; il Parkinson;  il Tinnitus e i disturbi del peso e della nutrizione.

Altri percorsi di cure, con la stimolazione magnetica transcranica, possono essere seguiti per curare le dipendenze: dal fumo, dalle droghe e dal gioco d’azzardo.

La stimolazione magnetica transcranica si effettua attraverso una serie di elettrodi che si posizionano sulla testa. L’elettrodo fornisce energia elettrica che genera un campo magnetico a livello cerebrale per un breve periodo di tempo, la cosiddetta lesione transitoria, che inibisce le funzioni cognitive dell’area stimolata.

Nonostante sia ritenuto un trattamento sicuro, è comunque importante analizzare e valutare attentamente il paziente per evidenziare alcune possibili controindicazioni. Tra queste, la presenza dell’epilessia o la presenza nel cranio o in prossimità di esso di materiale ferromagnetico, dovuto ad episodi traumatici o a precedenti interventi chirurgici. I metalli, infatti, possono interagire con il campo magnetico che sta alla base del funzionamento della stimolazione magnetica transcranica.

L’uso del trattamento, sulla depressione, è stato approvato sia negli Stati Uniti, dalla Food and Drugs Administration FDA, che dalla Comunità Europea. Uno degli studi più autorevoli evidenzia l’efficacia della stimolazione magnetica transcranica nel far regredire i sintomi della patologia. La durata della terapia in genere è di un’ora e mezza di tempo, ed è sufficiente affinché il paziente possa ricevere la cura. La durata media di un primo ciclo è di 2 o 3 settimane e consente spesso di valutare i primi miglioramenti.

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