Home » Sindrome infiammatoria multisistemica dei bambini: sintomi e pericoli

La sindrome infiammatoria multisistemica nei bambini e negli adulti è una condizione caratterizzata dall’infiammazione contemporanea di diverse parti del corpo, tra cui: cuore, polmoni, reni, cervello, pelle, occhi o intestino. Di cosa si tratta? Ne parliamo con Gaetano Scifo, infettivologo di Siracusa.


COS’E’ LA SINDROME INFIAMMATORIA MULTISISTEMICA?

La sindrome infiammatoria multisistemica (SIM) è un disturbo grave che ha iniziato a manifestarsi durante la prima ondata dell’infezione da SARS-CoV-2. Questa sindrome è rappresentata da un quadro clinico molto eterogeneo, che può coinvolgere diversi organi del corpo dei bambini. Rappresenta una condizione rara, ma grave, che si manifesta solitamente dopo un’ infezione da COVID-19 caratterizzata da una risposta immunitaria esagerata che colpisce diversi organi, come cuore, polmoni, reni, pelle e apparato gastrointestinale.

QUALI SONO I SINTOMI NEI BAMBINI?

Secondo uno studio, la SIM si manifesta solitamente da due a sei settimane dopo un’infezione da COVID-19 generalmente asintomatica o molto lieve. Tuttavia, in alcuni casi, può presentarsi anche dopo 8-12 settimane dall’infezione. La sindrome colpisce soprattutto bambini e adolescenti fino a 21 anni, ma sono stati segnalati anche casi negli adulti.

I sintomi nei bambini sono molto variabili e possono includere: febbre alta e persistente, eruzioni cutanee, occhi rossi, labbra secche e screpolate, linfonodi ingrossati, dolore addominale, diarrea, vomito, difficoltà respiratorie, dolori articolari e muscolari, ma anche insufficienza renale o epatica.

COME AVVIENE LA DIAGNOSI?

La diagnosi della sindrome infiammatoria multisistemica viene effettuata attraverso una serie di esami clinici, di laboratorio e di imaging. Si basa sulla presenza di diversi sintomi, tra cui febbre persistente, rash cutaneo, gonfiore delle labbra e della lingua, dolore addominale, vomito, diarrea e linfoadenopatia. Inoltre, è necessaria un’analisi accurata del paziente per escludere altre condizioni cliniche. Una volta confermata la diagnosi, il trattamento deve essere tempestivo e mirato a risolvere i sintomi specifici del paziente.

La terapia comprende l’ospedalizzazione in terapia intensiva pediatrica, l’assistenza alla ventilazione polmonare e il controllo dell’insufficienza circolatoria con la somministrazione di amine e vasocostrittori. Fortunatamente, negli ultimi tempi, negli USA, si è visto che le nuove terapie possono ridurre significativamente la mortalità.

KAWASAKI E LA SINDROME INFIAMMATORIA MULTISISTEMICA COSA HANNO IN COMUNE?

Durante la prima ondata di COVID-19 in Italia, l’ospedale Papa 20 Giovanni XXIII di Bergamo ha registrato un aumento di casi di Kawasaki nei bambini, con una frequenza 30 volte superiore rispetto alla norma. Questi casi sono stati segnalati anche in altri paesi europei e negli Stati Uniti. Entrambe le patologie possono manifestarsi con febbre alta, eruzione cutanea, linfoadenopatia, dolori addominali, vomito e diarrea. Tuttavia, nella sindrome infiammatoria multisistemica i sintomi gastroenterici sono più comuni, mentre nella malattia di Kawasaki l’interesse cardiaco è più marcato.

QUALI DIFFERENZE TRA SINDROME INFIAMMATORIA MULTISISTEMICA E KAWASAKI?

I pazienti con sindrome infiammatoria multisistemica presentavano alcune differenze rispetto a quelli con la malattia di Kawasaki. I primi hanno un’età media di 8-9 anni, mentre quelli con la malattia di Kawasaki hanno meno di 5 anni. Inoltre, i sintomi cardiaci della sindrome infiammatoria multisistemica sono multipli, mentre nella malattia di Kawasaki l’impegno cardiaco è caratterizzato soprattutto dalle manifestazioni di arterite delle arterie coronarie.

SINDROME INFIAMMATORIA MULTISISTEMICA E KAWASAKI: QUALE TERAPIA?

La terapia per entrambe le patologie è di tipo immunomodulante o immunosoppressivo. Si utilizzano immunoglobuline, cortisonici e farmaci che bloccano l’interleuchina-1. Le immunoglobuline vengono somministrate alla dose di due grammi, mentre i cortisonici vengono usati alla dose di 2 mg.

Nei casi più gravi, si possono utilizzare farmaci biologici, come l’anti-TNF-alfa. L’aspetto più importante è la diagnosi precoce e il trattamento tempestivo, che possono aiutare a prevenire complicazioni gravi e migliorare l’outcome dei pazienti. È importante che i genitori prestino attenzione ai sintomi nei loro figli e consultino immediatamente un medico in caso di sospetto.

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