Roma, 8 Marzo 2021
Essere un caregiver familiare oggi è decisamente drammatico, specie se si è donne: madri, mogli, sorelle di persone con disabilità, in molti casi di persone con malattie rare e croniche gravemente invalidanti, o di persone anziane non autosufficienti. Parliamo di una stima di 7 milioni di persone in Italia, per la stragrande maggioranza donne. Lo Sportello Legale dell’Osservatorio Malattie Rare riceve continue richieste di aiuto: “Hanno utilizzato tutti i permessi (104 e non), tutte le ferie, i congedi, perfino l’aspettativa – spiega Ilaria Vacca, giornalista dello Sportello Legale – Se non sono collocabili in smart working? Se i loro familiari non possono assolutamente rischiare il contagio Covid che fare? E quando i familiari devono essere assistiti h24 e non è più possibile affidarli a strutture semiresidenziali o caregiver professionisti non ancora vaccinati? Dal DPCM 2 marzo 2021, l’ultima misura prevista dal Governo, nessuna risposta per queste persone. Quanti di loro (e quante donne soprattutto) perderanno il posto?”.
La situazione dei lavoratori fragili ad oggi è drammatica, perché la maggior parte delle misure di tutela introdotte nella prima fase dell’emergenza sanitaria non sono state rinnovate.
Il DPCM 2 marzo non menziona alcuna proroga rispetto alle originali tutele previste dal Decreto Cura Italia che permettevano ai lavoratori fragili di assentarsi dal lavoro, men che meno prevede forme di tutela per i cargiver familiari. Il ricorso allo smart working è solo fortemente raccomandato, ma nessun obbligo legale è previsto in nessun caso.
Resta attivo solo il congedo parentale straordinario per i genitori dipendenti in caso di sospensione dell’attività didattica in presenza (in zona rossa sostanzialmente) delle classi seconde e terze delle scuole secondarie di primo grado. Lo stesso Congedo è stato previsto per i genitori di figli in situazione di disabilità grave – riconosciuta ai sensi dell’Art. 3 comma 3 della Legge 104/92 – in caso di sospensione della didattica in presenza di scuole di ogni ordine e grado o in caso di chiusura dei centri diurni a carattere assistenziale, indipendentemente dallo scenario di gravità e dal livello di rischio in cui è inserita la regione dove è ubicata la scuola o il centro di assistenza. Il congedo prevede il riconoscimento di un’indennità pari al 50% della retribuzione, calcolata secondo quanto previsto dalla normativa precedente (qui il nostro approfondimento sui congedi parentali).
Gli unici specifici riferimenti alla disabilità del DPCM 2 marzo riguardano le attività sociali e socio-sanitarie (da svolgere secondo i piani territoriali e seguendo i protocolli previsti), la deroga al distanziamento sociale per le categorie effettivamente impossibilitate a rispettarlo e la possibilità di svolgere sempre attività motoria all’aperto per queste stesse categorie. A questo si aggiunge la novità, forse l’unica davvero positiva, introdotta dal comma 5 dell’Art. 11, che introduce – per i soli territori in “zona gialla” – una deroga fondamentale all’assistenza da parte di caregiver per gli accessi a visite mediche e ai pronto soccorso per persone affette da grave disabilità. Gli accompagnatori dei pazienti in possesso del riconoscimento di disabilità con connotazione di gravità ai sensi dell’art. 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, possono ora accedere al pronto soccorso insieme al paziente. Stando alla norma il caregiver, inoltre, può prestare assistenza anche nel reparto di degenza, ma unicamente nel rispetto delle indicazioni del direttore sanitario della struttura. Il che potrebbe implicare una certa discrezionalità rispetto alla possibilità di restare con il proprio familiare durante tutto il ricovero.
Al DPCM 2 marzo seguirà il Decreto Legge “Sostegni”, che dovrebbe prevedere – secondo le bozze non ufficiali circolate nei giorni precedenti – un articolo dedicato alla tutela dei lavoratori fragili. Nulla è previsto, ancora una volta, per i caregiver, sempre più invisibili agli occhi del mondo. Specie se donne.
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